Penso che il Prof. Davidovits abbia spiegato più che bene tutta la questione citando, oltre ai metodi di analisi insufficienti applicate da due distinte istituzioni, che hanno portato a risultati sbagliati, anche i nomi di queste istituzioni.
Questo l'ho capito, ma non capisco come si possa fare il contrario.
Cioè: visto che formazione naturale e formazione artificiale sono INDISTINGUIBILI, come fa lui a dire che quei massi sono artificiali?
So che cercando sicuramente da qualche parte l'avrà anche detto, ma di sicuro non l'ha detto in quel filmato.
So di abusare della tua pazienza e ti chiedo scusa, ma visto che ho passato l'ultima ora a cercare notizie in rete su questo aspetto (senza riuscirci) mi potresti indirizzare ad un sito o ad un documento che specifichino COME distinguere il conglomerato artificiale da quello naturale? (O che spieghi perché in assenza di differenza, si prediliga una spiegazione piuttosto che l’altra…)
Se desidera approfondire la questione, penso che basti scrivere al noto professore per ulteriori chiarimenti.
Quindi voi che avete approfondito la questione gli avete scritto?
Posso sapere cosa ha risposto?
Anche riguardo al testo in russo non mi hai risposto: come avete fatto a leggerlo ed a capire cosa contiene, se non esiste traduzione?
Comunque, la sostanza non cambia, non è possibile distinguere ad occhio nudo o sottoponendo ad analisi di un normale microscopio un campione di pietra calcarea per definirne l'origine.
Ed è proprio per questo che sarebbe stato interessane vedere le conclusioni della Nukic (che sono sparite) o potere leggere le sua analisi (che però non compaiono in mezzo al resto del materiale scaricabile dalla pagina di download documenti ad accesso pubblico)
Ecco perchè mi fanno ridere le esternazioni piene di pregiudizi di certi geologi che ad occhio nudo hanno classificato le piramidi bosniache come formazioni naturali!
E’ proprio questo il punto: nel materiale presentato in questa pagina
http://www.bosnian-pyramid.com/scientific-papers/ mi sembra che ci siano molte affermazioni circa quello che si vede ad occhio nudo, ma poco che sia supportato da dati più sostanziali.
Siccome sono perfettamente d’accordo con te su questo (non basta dire “questo appare subito naturale” o “questo appare subito artificiale”) speravo di potere riuscire a farmi un’idea in merito più precisa.
Vedo invece che riuscire a trovare un po’ di documentazione è difficile.
Si viene rimbalzati a date da destinarsi o indirizzati a mandare mail ai diretti interessati…il che è un po’ frustrante.
Infine vorrei informarla che anche altre analisi, di due distinti istituti di ricerca in Russia e Nuova Zelanda, hanno confermato che i blocchi di rivestimento delle piramidi a Dashur, quella di Bent e quella Rossa, sono un agglomerato artificiale di materie prime, non pietre di cava come si pensava sinora.
Interessante, ma mi sorge un dubbio: in tutte le cave ritrovate allora…che si estraeva?
Solo materia prima? E per estrarla perché la si modellava proprio in blocchi (tanti ne sono stati ritrovati ancora in situ) proprio con le dimensioni di quelli usati nelle piramidi?
Vabbè.
A parte questo, mi sembra di potere dire a questo punte che: l’estrazione in cava era comunque necessaria (e bisognava pure disgregare il materiale) il trasporto fino al “cantiere pure”
Qui si sarebbe mescolato il materiale estratto (in ragione almeno del 90-95%) con il “cemento” (la parte fine) per formare il geopolimero.
A questo punto bisognava formarlo o gettarlo in casseforme, e costruire la piramide.
Quindi: non varia il peso complessivo del materiale da movimentare, non viene facilitata la lavorazione (ma anzi vi si aggiungono passaggi intermedi) e si introducono ulteriori tempi di attesa.
Quello che mi chiedo è: l’unico vantaggio era quindi quello del frazionamento dei carichi?
Cioè: portare piccole quantità di materiale per essere mescolato in cantiere, un po’ per volta?
Questo vantaggio lo potrei vedere utile la fabbricazione dei “misteriosi” blocchi da centinaia di tonnellate…che però si contano sulle dita di una mano, e che mi risulta fossero costituiti di rocce non riconducibili agli stessi geopolimeri.
Per quanto riguarda invece i blocchi esterni ( più piccoli, nell’ordine di 1-2 tonnellate) o nel caso dei materiali del rivestimento, non vedo però il vantaggio: i carichi non erano tali da rendere difficoltoso il trasporto né la movimentazione (comunque alla fine necessaria anche con l’ipotesi del geopolimero..casseforme a perdere non ne sono state trovate, giusto?) e come ho detto si sarebbero introdotti ulteriori tempi di lavorazione aggiuntivi (disgregazione del materiale, preparazione, miscelazione, tempi di maturazione ecc.)
Non è che alla fine le cose si complicavano invece che semplificarsi?..