I dinosauri esistono ancora?

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« il: 27 Novembre 2016, 00:35:40 am »
PTERANODONTI ANCORA IN CIRCOLAZIONE

Cos'è uno pteranodonte? si tratta di un dinosauro volante, con un'apertura alare di circa sette metri, estinto milioni di anni fa, che potete ammirare nel fossile sulla sinistra...

Ma si sarà davvero estinto?

Questo è un estratto di un articolo apparso sul Tombstone Epitaph del 26 Aprile 1890: “ Un mostro alato, dalle sembianze di un enorme alligatore con una coda estremamente lunga e un immenso paio di ali, è stato trovato nel deserto tra le montagne Whetstone e le montagne Hachuca da due lavoratori di un ranch che stavano tornando a casa dalle Hachucas.”

Taglio il resoconto della battuta di caccia effettuata dai due uomini contro la creatura, che era stremata a causa del volo (basta sapere che è stata abbattuta a fucilate), e giungo direttamente alla descrizione riportata nell'articolo: “ Gli uomini si sono avvicinati con cautela, con i cavalli che sbuffavano per il terrore, e si sono accorti che il mostro era morto. Allora hanno provveduto a fare un esame ed hanno trovato che misurava circa ventisette metri e mezzo di lunghezza e che il diametro maggiore era di un metro e mezzo. Il mostro aveva soltanto due piedi, situati a piccola distanza da dove le ali erano unite al corpo. La testa era, secondo la loro stima, lunga circa due metri e mezzo, con le mascelle che portavano numerosi denti forti ed acuminati. I suoi occhi erano larghi come un piatto per la cena e si sporgevano per metà dalla testa. Gli uomini hanno avuto qualche difficoltà a misurare le ali, in quanto erano parzialmente ripiegate sotto il corpo, ma finalmente sono riusciti a spiegarne una in maniera sufficiente per ottenere una misurazione di ventitre metri e mezzo, il che porta la lunghezza totale dell'apertura alare a quarantotto metri. L'ala era composta da una membrana spessa e quasi trasparente ed era priva di penne, piume e pelo, così come l'intero corpo. La pelle del corpo era invece più sottile, e veniva facilmente penetrata dai proiettili.”

Un po' troppo grande, a mio parere, ma si sa che cacciatori e pescatori tendano ad esagerare sulle dimensioni delle loro prede...

E non si tratta dell'unico avvistamento in America:

nel 1992 il settimanale australiano People ha raccontato la storia di un piccolo aereo che si è quasi scontrato con una gigantesca lucertola volante sopra la giungla del Brasile:, al di sopra di un rilievo montuoso. Il pilota, la hostess e tutti i passeggeri hanno visto la creatura. George Biles, un antropologo statunitense che si trovava a bordo dell'aereo, ha dichiarato: “quello era sicuramente un esemplare di pterodattilo bianco con un'apertura alare gigantesca. Naturalmente avevo già sentito parlare da diversi anni di questi racconti su creature preistoriche che ancora esisterebbero in Amazzonia. Ma ero scettico come chiunque altro. Eppure quello non era un aereo o un UFO che volava vicino a noi. Era uno pterodattilo.”

E ancora a Cuba, nel 1971. Eskin Kuhn, un militare statunitense, riporta il suo avvistamento.

Era una calda giornata di sole, quando questo soldato, guardando verso l'oceano, vide una copia di pterosauri volare a bassa quota, a circa trenta metri di altezza. Le creature vennero descritte come volatili dalle ali simili a quelle dei pipistrelli, con un'apertura alare di circa tre metri, e un corpo lungo un metro e mezzo, zampe attaccate al lato posteriore delle ali, una lunga coda con un ciuffo di pelo alla fine. Il modo in cui muovevano le ali era simile a quello dei corvi.
Comunque, questi avvistamenti sono solamente un indizio...

Ora andiamo ad esaminare alcune storie che vengono dall'Oceania.

Secondo la mitologia della Papua Nuova Guinea, il Ropen è un rettile volante, dalle abitudini notturne, che possiede ali da pipistrello, un becco munito di denti, artigli affilati e una lunga coda.

Il primo riferimento documentato su questa creatura si trova su una carta nautica del 1595, in cui appariva un disegno di una creatura con un lungo becco, ali da pipistrello e coda biforcuta, con l'avvertimento di fare attenzione a questo mostro marino.

Duane Hodgkinson, un militare residente a Finsachen, in una sera dell'agosto del 1944, lo avvistò nel cielo e lo descrisse come un'enorme creatura di colore grigio scuro, dotato di una coda lunga dai tre ai quattro metri, un'apertura alare di circa sei metri, un collo serpentino e una protuberanza sul retro del capo.

Jim Blume, missionario che visse in Nuova Guinea per trent'anni, disse di aver parlato con numerosi testimoni oculari degli avvistamenti, e che le descrizioni erano simili. Nel 2004 Jonathan Whitcomb fece lo stesso, sull'isola di Umboi, ottenendo risultati simili.

Questo essere è anche conosciuto come Duwas, Kundua, Seklobali e Wawanar
Ma purtroppo anche questo è solamente un indizio...

E infine raggiungiamo l'Africa centro orientale, alla ricerca del Kongamato.

La prima apparizione in occidente di questo nome risale al 1932, quando Frank Welland, un esploratore, la descrisse nel suo libro, “In Witchbound Africa”

Questa creatura, il cui nome nell'idioma locale, significa “Sopraffatore di Barche”, è descritto come una creatura rossastra con ali di pelle, senza penne o piume. Welland mostrò ai testimoni oculari numerose immagini di volatili, tra cui anche animali estinti, e tutti indicarono lo pterodattilo come la creatura che avevano visto.

 Secondo Welland, i nativi non considerano il Kongamato come un demone o una creatura soprannaturale, ma come un animale molto pericoloso. Secondo le indicazioni dei nativi, il Kongamato dovrebbe vivere nelle Jiundu Swamp, nella parte nordoccidentale dello Zambia, una zona che secondo i paleontologi sarebbe stata l'habitat naturale di un simile rettile.

Nel 1958 Maurice Burton, giornalista scientifico dell' “Illustrated London News” scrisse che vi erano stati numerosi avvistamenti in Africa di una creatura simile ad uno pterodattilo. E puntualizzò anche che lungo le coste dell'Africa era stato pescato un Celacanto, un pesce contemporaneo degli pterodattili...

E ora torniamo nuovamente indietro nel tempo, e andiamo nel 18° secolo...

Pigafetta, in un resoconto sul Regno del Congo (The Harleian Collections of Travels vol II, pag. 457, anno 1745), riportò i resoconti di E. Lopes, secondo cui “sulla zona costiera che va dal fiume Ambrize fino al fiume Coanza, andando verso sud, ci sono inoltre certe creature che, essendo grandi come un montone, hanno ali come i draghi, con lunghe code e lunghe mascelle, e diverse file di denti, e si nutrono di carne cruda. Il loro colore è blu e verde, la loro pelle sembra ricoperta di squame, e hanno solo due zampe.”

 (nota del sottoscritto: il drago nelle leggende occidentali era descritto con ali e quattro zampe. Se Lopes o Pigafetta avessero voluto descrivere un drago, lo avrebbero probabilmente descritto con quattro zampe.)

Il Dottor J.L.B. Smith, famoso per la sua indagine sul Celacanto (il fossile vivente) scrisse nel suo libro Old Fourlegs (Antichi Quadrupedi) del 1956 a proposito di draghi volanti che vivevano vicino al Kilimanjaro, in Tanzania: “un uomo una notte ha visto tale creatura che volava. Non metto in dubbio che esista almeno la possibilità che tale essere possa ancora esistere.” (pag. 108-109)
J.P.F. Brown, ingegnere che si trovava vicino al lago Bangweulu nello Zambia, nel 1956 riferì la seguente storia: stava tornando in automobile a Salisbury da una visita a Kasenga, nello Zaire.

 Alle sei del pomeriggio stava facendo una sosta a Fort Rosebery, appena a ovest del lago Bangweulu, quando vide due creature che volavano lentamente e silenziosamente nel cielo.

 L'uomo notò che avevano un aspetto preistorico, con lunghe code e teste strette. Egli stimo che avessero apertura alare di circa un metro e, quando una delle creature aprì il becco, Brown poté vedere un gran numero di denti acuminati.

 Questa notizia apparve sul Rhodesia Herald del 2 aprile 1957.

Nel 1957 (appena un anno dopo questo avvistamento) sempre a Fort Rosebery, un uomo fu ricoverato in ospedale con gravi ferite alla schiena. Il nativo disse di essere stato attaccato da un grosso uccello nella palude di Bangweulu.

 Quando gli fu chiesto di disegnare l'animale, l'uomo disegno una creatura molto simile ad uno pterosauro...

Vi sono altri racconti sul Ropen o sul Kongamato, ma oramai temo di annoiarvi. E quindi andiamo al dunque...

Come ho scritto prima un indizio è un indizio;
due indizi sono due indizi;

ma tre indizi sono una prova!

Nel continente americano si trovano resoconti di avvistamenti di Pterodattili.

In Africa si trovano resoconti di avvistamenti di Pterodattili.

E anche in Oceania abbiamo questi resoconti.
In tre continenti si parla di lucertole volanti con becchi dentati, ali da pipistrello e lunga coda. E si tratta di popolazioni che non hanno mai avuto contatti tra di loro. Qualcosa di vero ci deve essere...

E ora alcune foto prese dalla rete...



http://mistero.xoom.it/virgiliowizard/dinosauri-sopravvissuti




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« Risposta #1 il: 27 Novembre 2016, 00:43:28 am »
Il Mokele Mbembe

Da un punto di vista prettamente scientifico, l'Africa è un autentico paradiso per i
criptozoologi: questa meravigliosa terra, infatti, è una delle poche sul nostro pianeta che non ha subito le glaciazioni quaternarie; questa condizione potrebbe aver reso possibile la sopravvivenza di animali del passato estintisi negli altri continenti. Il Continente Nero , inoltre, è ancora per la maggior parte inesplorato, e le sue intricatissime foreste, dove a malapena passano i raggi del sole, potrebbero nascondere animali anche di grossa mole. Non è raro che esploratori, in queste giungle, si siano trovati di fronte creature sconosciute. Una di queste è il Mokele Mbembe , una gigantesca creatura che, dalle descrizioni della popolazione locale, sembrerebbe molto simile ad un dinosauro erbivoro, il Diplodoco .

La storia del Mokele Mbembe comincia con lo zoologo James H. Powell che, mentre era intento a studiare i coccodrilli in Gabon, ebbe l'occasione di raccogliere molte testimonianze, da parte degli indigeni, circa un grande animale che si nasconde nei laghi più inaccessibili della jungla e che solo i cacciatori più intrepidi e valorosi hanno avuto la fortuna di vedere. Powell, incuriosito dai molti racconti di questa creatura, decise di parlare con lo stregone di un villaggio sul fiume Ogovè , il quale gli disse che N' yamala (così veniva chiamata dagli indigeni di quel villaggio) era ghiotta dei frutti di una pianta che cresce sulle rive dei laghi e dei fiumi chiamata 'cioccolato della jungla'. Lo zoologo mostrò allo stregone alcune foto di diversi animali della jungla come ippopotami ed elefanti, poi gli mostrò il disegno di un diplodoco e lo stregone lo riconobbe subito come la loro creatura sacra. In altre zone la creatura viene chiamata Mokéle Mbembe che tradotto significa letteralmente "Colui che ostacola il flusso dei fiumi " riferito probabilmente alla sua enorme mole.

Dai dati raccolti, questa misteriosa creatura sembrerebbe abitare le paludi del Likouala, un territorio estremamente vasto fatto di foreste paludose che si estendono per oltre 130.000 chilometri quadrati a circa 800 chilometri dalla capitale del Congo, Brazzaville . Nel corso degli anni si sono avvicendate numerose testimonianze soprattutto da parte di esploratori; uno dei primi fu un missionario francese, Lievain Bonaventure Poyart che nel 1776 descrisse l' animale come un ibrido fra un elefante, un leone e un ippopotamo, con un collo da giraffa e una lunga coda da serpente, le cui impronte misuravano 3 piedi (circa un metro).

La zona del lago Tele, in Camerun, fu oggetto di parecchie spedizioni americane alla ricerca del Mokele Mbembe . Una delle prime avvenne nel 1909, di cui facevano parte il naturalista Carl Hagenbeck e il tedesco Hans Schomburgh ; vennero raccolte molte testimonianze su un mostro metà elefante e metà drago. Nel 1913 vi fu un'altra spedizione ad opera del capitano Freiher von Stein zu Lausnitz , recatosi in africa per tracciare mappe dettagliate del Camerun e del Congo (all'epoca province tedesche), il Mokele Mbembe viene descritto come un animale poco più grande di un grosso ippopotamo, con la pelle grigiastra e levigata che abitava le aree vicine ai fiumi Sangha, Ubangi e Ikelemba. Il manoscritto di von Stein recita :

«Le descrizioni generali dei nativi convergono tutte su di un unico modello: l'animale è di colore bruno-grigiastro e possiede una pelle liscia, le sue dimensioni sono quelle di un elefante o perlomeno di un ippopotamo. Si dice che abbia un collo lungo e flessibile ed un solo dente, ma molto grande, alcuni dicono che si tratta di un corno. Alcuni parlano di una lunga coda muscolosa simile a quella dei coccodrilli. Le canoe che attraversano il suo territorio sono destinate ad affondare, l'animale attacca le imbarcazioni e ne uccide l'equipaggio, ma senza divorarne i corpi. Si dice che viva nelle grotte e che salga sulla riva in cerca di cibo, la sua dieta è completamente vegetale. Il suo cibo preferito mi fu mostrato, era una sorta di liana dotata di grandi fiori bianchi, una linfa lattiginosa ed un frutto simile per forma ad una mela che gli indigeni chiamano Malabo».

Nel 1920 venne organizzata un'altra spedizione da parte dello Smithsonian Institute; dopo sei giorni le guide africane trovarono delle enormi impronte sulla sponda di un fiume e udirono strani ruggiti non assimilabili ad un animale conosciuto. Nel 1932 Ivan Sanderson, un
criptozoologo americano, trovò delle impronte simili a quelle di un ippopotamo in una zona dove i pachidermi non vivevano; gli indigeni le identificarono come quelle del 'mgbulu-eM'bembe'

Nel 1980 Powell, insieme al criptozoologo docente all'università di Chicago Roy P. Mackal , guidò una spedizione nei pressi del lago Tele. I due scienziati raccolsero numerose testimonianze nei pressi del fiume Likouala e, anche se non trovarono il Mokele Mbembe , riuscirono a mettere insieme una descrizione abbastanza accurata e trovarono molti indizi come strane impronte, solchi e passaggi nella vegetazione fatti di rami spezzati non attribuibili ad animali conosciuti. Dalle testimonianze raccolte l'animale misurerebbe dai 5 ai 9 metri, con la pelle color ruggine e con una sorta di cresta; grazie al lungo collo, raccontano gli indigeni, sarebbe capace di raccogliere i frutti sulle sponde del fiume senza uscire dall'acqua. Firman Mosomole , un anziano del villaggio, raccontò che 45 anni prima, mentre era sulla sua canoa, avvistò un animale simile ad un serpente, la cui descrizione coincideva per molti versi con quella del Mokele Mbembe. Mambombo Daniel , insegnante in una scuola superiore locale, racconta di aver visto un animale simile molto da vicino e lo descrive di colore grigio, con il collo spesso e il corpo separato. Un pescatore raccontò di essersi imbattuto nella creatura nel 1915; in quello stesso periodo, si narra, i pigmei avrebbero ucciso un Mokele Mbembe che cercava di entrare nel lago Tele. Secondo la storia, i pigmei costruirono una barriera di pali posti all'ingresso del lago poiché le creature stavano compromettendo la pesca; due Mokele Mbembe cercarono di sfondare la barricata, e uno venne ucciso. Coloro che ne mangiarono le carni morirono avvelenati.

Un'altra spedizione sul lago Tele venne organizzata quello stesso anno dagli americani Herman Regusters e sua moglie Kia, che nei pressi del lago avvistarono una creatura lunga una decina di metri. I coniugi la fotografarono (foto a sinistra), tuttavia il soggetto di questa foto è incerto.

Nel 1981, la spedizione formata da J. Richard Greenwell, Justin Wilkinson, Roy Mackal e lo zoologo congolese Marcellin Agnagna dello zoo di Brazeville, partì alla volta del fiume Likouala. Lì gli esploratori sentirono voci di un grosso animale avvistato nelle acque vicino Epena; inoltre trovarono una serie di strane impronte e una pista di rami spezzati. Due anni più tardi, nel 1983, Agnagna tornò sul lago Tele e riferì di aver visto personalmente la creatura: Secondo il suo racconto, lo zoologo vide qualcosa che si muoveva nell'acqua a circa 300 metri di distanza, dunque cercò di avvicinarsi addentrandosi nella palude. Riuscì a distinguere la testa e il collo dell'animale, che valutò essere lungo circa un metro; descrisse la testa come rossastra, con occhi ovali e un naso sottile. Il dorso era scuro e lucido, lungo circa quattro metri. Agnagna scattò diverse foto ma, a causa dell'eccitazione del momento, non si accorse di aver dimenticato di togliere il copriobiettivo. Lo zoologo afferma che l'animale era certamente un rettile, ma non certo un animale noto alla scienza.

Il primo video del Mokele Mbembe venne realizzato nel 1987 da una spedizione giapponese. La troupe era intenta a realizzare un documentario sulle foreste africane quando, mentre sorvolavano il lago Tele con un piccolo aereo da turismo, avvistarono qualcosa che si muoveva nell'acqua; il cameraman cominciò subito a riprendere: l'oggetto si spostava abbastanza velocemente lasciandosi dietro una scia, si riusciva anche ad intravedere un collo e una testa, tuttavia la definizione del video non permette un analisi accurata. Realizzarono un video di circa 15 secondi, dopodiché la creatura si immerse.

Il 1992 vide protagonista William Gibbonsche, dopo sei anni da una precedente spedizione, tornò sulle tracce del Mokele Mbembe accompagnato dall'esploratore Rory Nugent .

 Esplorarono gran parte del fiume Bai e dei laghi Fouloukuo e Tibeke, vicini al lago Tele. Riuscirono a scattare due interessanti fotografie sull'ormai famoso lago Tele, di cui una abbastanza convincente ( foto in basso a sinistra) che potrebbe mostrare la testa del Mokele Mbembe. La scarsa nitidezza dell'immagine lascia comunque molti dubbi.

Ritenere che questa creatura sia solo una leggenda sarebbe superficiale; infatti, la quasi totalità delle tribù che vivono nelle foreste inesplorate del continente nero conoscono questo animale. Le descrizioni fornite dai testimoni concordano tutte sulle caratteristiche peculiari di quest'essere, cioè collo lungo e corpo robusto, quattro zampe tozze e coda possente.

 Questa descrizione farebbe pensare ad un sauropode di piccole dimensioni, tesi avvalorata sia dalle impronte a tre dita rinvenute in varie occasioni, caratteristiche dei dinosauri , sia dal fatto che, come già detto, l'Africa ha subito pochi cambiamenti climatici e topologici nel corso del tempo; percui la possibilità che una razza di rettili preistorici possa essere sopravvissuta all'estinzione e abbia continuato ad evolversi nelle profondità della jungla non è poi così remota. Inoltre, sono state spesso mostrate ai pigmei che vivono in quella zona, disegni di dinosauri ed essi li hanno subito riconosciuti come il Mokele Mbembe e, dato che le tribù di pigmei difficilmente hanno modo di studiare fossili preistorici, l'unica spiegazione è che abbiano davvero visto qualcosa di simile.

Poiché a volte viene descritto avente un lungo corno, alcuni sostengono che il Mokele Mbembe sia in realtà un grosso rinoceronte; studiosi più eminenti, invece, ritengono si tratti di una specie sconosciuta di varano gigante, simile al Drago di Komodo. Altri, infine, pensano si tratti di una enorme tartaruga della famiglia dei Trionichidi . Il mistero, per ora, non è ancora stato svelato, per cui sono già in programma altre spedizioni.

http://www.inspiegabile.com/criptozoologia/criptidi-terrestri-mokele-mbembe.html