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Il G7 del Papa: Meloni invita Francesco a parlare di intelligenza artificiale
Papa Francesco sarà il primo pontefice a partecipare a un G7. E lo farà, in Puglia, dal 13 al 15 giugno, invitato da Giorgia Meloni alla riunione “italiana” dei grandi della Terra per parlare di un tema caldissimo su cui la Chiesa e il Vaticano hanno da tempo acceso i fari: l’intelligenza artificiale. Nella sessione in cui si parlerà di algoritmi e della loro governance Meloni, che in Europa è stata fautrice dell’Ai Act per la sua regolamentazione e nel G7 ha dialogato sul tema con il premier britannico Rishi Sunak, ha deciso di invitare anche il capo della Chiesa cattolica. Che sull’antropologia e l’etica dell’Ia ha molto da dire.
Francesco, da tempo, è un attento osservatore delle dinamiche legate all’Ia. La dottrina sociale della Chiesa, infatti, invita il mondo cattolico e i suoi alti esponenti a leggere il segno dei tempi. Il vissuto di teoria e elaborazione di pensiero costruito dal Concilio Vaticano II attraverso le encicliche sociali di Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco ha permesso di rafforzare l’elaborazione della Chiesa per una visione sociale e economica di un sistema al servizio dell’uomo.
Il senso del Papa e della Chiesa per l’Ia
La Caritas in Veritate di Benedetto XVI, pietra miliare dell’elaborazione teorica della Chiesa sull’economia e la società, elabora una prospettiva teologica che mette al centro la logica del dono e il rapporto virtuoso tra sistema produttivo e elemento antropologico come fonte di glorificazione di Dio nei rapporti economici e sociali. Ragion per cui l’innovazione può e deve essere letta attraverso un discorso tra i fini ultimi delle sue applicazioni pratiche e tecniche e le sue conseguenze sociali. A cui la Dottrina sociale della Chiesa pone da tempo attenzione. L’Ia è una tecnologia dirompente come poche nella storia umana. Arriva a mettere in discussione il rapporto tra l’uomo e la sua proiezione, materiale e non, nel mondo. La gerarchia tra tecnica e umano. Per questo si pone doveroso un ragionamento sui suoi fini ultimi. Francesco l’ha fatto, tra i primi nel novero dei leader mondiali.
All’intelligenza artificiale il Papa ha dedicato a dicembre il discorso per la 57esima Giornata mondiale per la Pace, chiedendo un’Ia etica e al servizio del progresso dei popoli: “I notevoli progressi delle nuove tecnologie dell’informazione, specialmente nella sfera digitale, presentano dunque entusiasmanti opportunità e gravi rischi, con serie implicazioni per il perseguimento della giustizia e dell’armonia tra i popoli. È pertanto necessario porsi alcune domande urgenti. Quali saranno le conseguenze, a medio e a lungo termine, delle nuove tecnologie digitali? E quale impatto avranno sulla vita degli individui e della società, sulla stabilità internazionale e sulla pace?”.
Meloni inviterà dunque al G7 un leader religioso e un capo di Stato che come pochi altri si è da tempo espresso a teorizzare la necessità di governare questa imponente rivoluzione. Le cui ricadute saranno a tutto campo. Non si tratta del primo trait d’union tra Roma e l’Oltretevere sull’intelligenza artificiale. A gennaio Meloni, dopo le dimissioni di Giuliano Amato, ha nominato a capo della Commissione Algoritmi del governo padre Paolo Benanti, francescano, tra i massimi esperti di intelligenza artificiale e della sua visione etica al mondo. Benanti, consigliere del Papa e dell’Onu sull’Ia, teorizza da tempo un salto di paradigma. L’innovazione, scriveva nel suo saggio Le macchine sapienti, può trasformare l’umano da Homo sapiens a (Homo + Machina) Sapiens, a patto che l’etica dell’Ia “sia pensata in un’ottica di cooperazione”.
La visione di Benanti ponte tra le “due Rome”
Su True-News si è analizzata la visione di Benanti secondo cui “l’innovazione, se guidata da un autentico umanesimo, può portare a un rafforzamento del lavoro, delle prospettive sociali, della lotta alla povertà e delle disuguaglianze, così come all’evoluzione professionale e culturale dei cittadini, contribuendo positivamente al cambiamento globale. Tuttavia, è cruciale comprendere che, sebbene la tecnica possa sembrare neutrale, gli uomini e i loro scopi non lo sono. Dai rischi del dominio delle grandi aziende tecnologiche alla società della sorveglianza e alla digitalizzazione dei rapporti umani, il mondo post-pandemico si è già trovato ad affrontare sfide significative” su cui è doveroso interrogarsi. Papa Francesco dal suo osservatorio da tempo invita a non cedere alle logiche del profitto nel determinare, in forma esclusivamente economicista, le linee future dello sviluppo del nostro sistema globale.
La recente esortazione Laudate Deum fa coincedere la lettura episcopale del “segno dei tempi” con un netto rifiuto della logica neoliberista della focalizzazione sul profitto. Che se applicata alla rivoluzione dell’Ia può produrre un pericoloso processo di sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Già tacciato come pericoloso da San Giovanni Paolo II nella sua enciclica Laborem Exercens. La Chiesa, sulla scia di due millenni di rapporti col mondo, arriva dunque alla sfida dell’Ia con un paradigma interpretativo. Lo stesso non si può dire di molti governi e di parte del mercato. La voce del Papa sarà da ascoltare nel quadro delle discussioni sull’Ia. E il filo sottile che lega le due Rome, tessuto da padre Benanti, può contribuire a rendere l’esecutivo italiano un polmone nell’elaborare una via occidentale all’Ia bilanciata e, soprattutto, antropocentrica.
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