Ciao a tutti,

ecco a voi l'interessantissimo viaggio di Paolo (Pablito) alla scoperta delle misteriose piramidi bosniache.

Buona lettura

Verso le piramidi di Bosnia (prima parte) – Il viaggio dall’Italia

 

Molti hanno sentito parlare delle piramidi ritrovate in Bosnia.

Alcuni, spesso proprio tra gli accademici, senza averle mai viste, hanno dichiarato trattarsi di un ben congeniato falso. Altri invece ritengono che siano reperti reali che possono cambiare la storia dell’Umanità.

Come un novello Indiana Jones, deciso a risolvere il dilemma. ho voluto vedere di persona quanto c’è di vero nelle scoperte raccontate ed ho organizzato rapidamente un viaggio per Visoko, sede delle piramidi. Questa è la descrizione del viaggio per chi abbia voglia di affrontarlo con le stesse modalità.

 

 

Il mio vero viaggio verso le piramidi bosniache inizia a Trieste, la più grande città italiana posta più vicina al mondo dell’Est.

Alle 8.30 ho incontrato il mio interprete di serbo-croato, la lingua parlata in Bosnia, anche se in quelle regioni preferiscono denominarla lingua bosniaca per non aprire ferite ancora aperte. Il suo nome è Walter ed è nato in Slovenia, fuggito ad Ovest durante le feroci persecuzioni politiche del regime di Tito, compagno di lunga data e di mille avventure.

 

Il viaggio con il mio fuoristrada fino al confine della Bosnia è senza storia. Bisogna attraversare la Slovenia, dove è obbligatorio acquistare la Vigneta presso un distributore: una specie di tagliando obbligatorio per viaggiare sulle loro autostrade, pena una corposa multa in euro (300,00). Costa 15 euro per una settimana e bisogna appiccicarla sul vetro del parabrezza, pena un’altra corposa multa in euro se non lo si fa (150,00). Si acquista subito dopo aver attraversato il confine sloveno, confine ormai aperto dopo gli accordi di Schengen. Qui è anche utile fare carburante visto che costa meno che in Italia.

 

In un ora si è a Ljubljana e dopo due ore siete già sul confine croato, quello sì un vero confine, ma che si trova sulla prosecuzione dell’autostrada slovena.

 

Qui ci sono i controlli come un tempo, ma vanno piuttosto spediti.

Avete la carta verde dell’assicurazione? Certo.

Aprite il portabagagli. Va bene.

Avete fucili da caccia? Non siamo cacciatori. O forse sì, ma di storie vere da raccontare.

OK, potete proseguire.

 

L’autostrada scorre veloce fino a Zagabria. Poi, dopo Zagabria i motel a lato della strada si fanno più radi e compaiono delle aree di sosta molto ampie dove si può fare una pausa nel viaggio. Si può mangiare un panino o bere qualcosa, se vi siete portati dietro generi di conforto, ma l’esperienza di accesso ai bagni, specie di casupole in plastica come quelle nei cantieri edili, può essere estremamente scioccante. Bisogna avere lo stomaco forte.

 

L’autostrada termina in prossimità del confine bosniaco a Slavonski Brod, sesta citta in grandezza della Croazia. Dove “Brod” in slavo significa guado, passaggio. Ed infatti dovete superare il fiume Sava, un grande fiume ripieno di chiatte, che segna il confine tra la Repubblica di Croazia (HR) e la Repubblica di Bosnia-Erzegovina (BiH). Le indicazioni per il confine bosniaco non sono molte alla fine dell’autostrada. Dovete guardare i cartelli che indicano la via per Sarajevo.

 

Attraversato il ponte sulla Sava, rigorosamente in ferro che ricorda molto le opere presenti nel Blocco Sovietico, ci sono i controlli della milizia bosniaca e la prima città di Bosnia, Bosanski Brod . In questo caso di prevalente etnia serba.

E già perché i cartelli all’ingresso del confine vi dicono “Benvenuti al passaggio nella Repubblica di Bosnia- Erzegovina”, ma subito dopo il confine i cartelli cambiano e compare il testo “Benvenuti nella Repubblica di SRPSKA”  che sta ad indicare che siete nella Repubblica Serba di Bosnia-Erzegovina e le bandiere presenti sono quelle bianche, blu e rosse a strisce orizzontali della Serbia. I caratteri sui cartelli sono in cirillico, talora accompagnati dalla dizione in caratteri latini.

Al confine il doganiere è molto cordiale. Il controlli sono virtuali e alla nostra domanda su dove possiamo cambiare la valuta, lui ci risponde: “Nessun problema. Potete spendere tutto in euro”.

 

Ma a quasi vent’anni dalla fine del conflitto si può dire che la  guerra ha lasciato in questa parte della Bosnia parecchi segni e numerose ferite. Dopo aver superato il confine se cercate di contare le case bruciate o mitragliate perdete il conto. In giro c’è un bel numero di mutilati. I cimiteri sono enormi, a volte neppure recintati, molto più grandi di quello che rimane del paese vicino

 

 

 

Scendere dalla automobile e visitarne uno può essere istruttivo per capire la realtà locale. Le tombe presentano le immagini di persone di tutte le età, ma costantemente decedute nel periodo 1991-1992. Alcune hanno la data di nascita, ma non di morte. Forse perché i loro titolari sono semplicemente spariti e non si sa quale data attribuirgli.

Il passaggio nella parte ad amministrazione bosniaco-musulmana è abbastanza chiaramente visibile. Ad un certo punto spariscono le croci e le chiese, mentre compaiono i minareti e le case non portano più alcun segno della guerra. L’aspetto dei paesi è ridente e compare qualche chador. La bandiera è quella azzurro e giallo con i colori separati trasversalmente, e da stelle bianche disposte lungo la banda di separazione. Spariscono le bandiere bianche, blue e rosse. I cartelli stradali tendono a perdere le scritte in cirillico o compaiono solo al di sotto.

Bisogna continuare a seguire sempre la strada per Sarajevo.

Decidiamo di fare il pernottamento a Zenica a circa 30 km dalle piramidi per poter affrontare la visita riposati. Sono le 16.30 e abbiamo viaggiato, comprese le brevi soste, per circa 8 ore (circa 600 km). Non si può fare più velocemente. I posti di controllo da parte della polizia stradale sono numerosissimi e l’esperienza di una multa per eccesso di velocità non è consigliabile per questi paesi. Bisogna mantenersi sotto i 120 in Slovenia e sotto i 130 in Croazia. In Bosnia le strade sono come le nostre negli anni ‘50 e andare piano è decisamente necessario.

 

Zenica è città capoluogo del cantone di Zenica-Doboj. La gente è cordiale e quello che stupisce è l’età molto giovane dei suoi abitanti. Tutti con una estrema voglia di vivere. I locali e localini sono numerosissimi. La città ha sicuramente un passato industriale con un acciaieria che sembra però chiusa con uno scalo ferroviario pieno di carri arrugginiti, ma il centro è attraversato dal fiume Bosna e da un bel parco molto curato circondato da palazzoni del periodo comunista e da più frequenti case basse con il tetto molto spiovente e ben curate nell’aspetto.

 

Vi sono centri commerciali molto convenienti con merce di produzione locale. La città rigurgita di belle e giovanissime ragazze. Già, perché di uomini ne vediamo pochi in giro. Non mancano i nomadi che vi adocchiano subito come turisti e vi avvicinano per chiedere denaro ("Money, money please!").

 

Ma la cittadina è molto pulita e decisamente gradevole. Vi sono chiese, una sinagoga e moschee, con un misto balcanico che sconcerta. Il centro islamico è ancora in costruzione, ma i lavori sembrano interrotti. Strano tipo di mussulmani questi, che mangiano cevapčići, con una discreta quota di carne di maiale, e bevono rakija, ad alto tasso alcoolico, ma decisamente molto più ospitali di quelli in altri posti da me visitati. I chador sono pochi. Però sono molti gli esercizi che rispettano il riposo del venerdì.

 

La sensazione è che ci troviamo in una normalissima cittadina europea dove la gente ha voglia di dimenticarsi della guerra e dei conflitti interetnici. Veste bene ed ha voglia di divertirsi. Respiriamo proprio tolleranza.

 

Alloggiamo al hotel Zenica, come il nome della cittadina, un albergo moderno a quattro stelle, ma non per il prezzo che appare discretamente conveniente rispetto l’eccezionale servizio. Sarà per la stagione? Comodo e architettonicamente molto curioso al suo interno, è situato vicino al campo sportivo ed è aderente ad un centro commerciale nuovissimo, con annessa la banca dove potete cambiare favorevolmente il denaro per affrontare la serata.

 

Per mangiare la scelta è ampia. Noi andiamo al Dubrovnik, poco lontano, con una discreta cucina ed un’orchestrina balcanica che richiama molti avventori, tutti rigorosamente locali. La musica è trascinante e la gente inizia a ballare intorno ai tavoli.

 

Ma è ora di ritirarsi perché domani ci aspettano le piramidi e non vogliamo mancare all’appuntamento.

 (continua…)

 

Pablito – 13 Luglio 2010

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