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Quale di queste espressioni comuni, riguardanti la crisi economica globale, è più vicina al vostro pensiero ?

- La vedo intorno a me ma al momento non mi tocca.
- Ne accuso gli effetti direttamente.
- E' una invenzione dei media.
- Conosco persone che hanno perso il lavoro.
- Mi aspetto un crollo generale del sistema economico.
- L'aumento dei prezzi è tutta colpa dell'euro e della disonestà dei commercianti.
- E' una macchinazione per impoverire determinate categorie di persone e arricchirne altre.
- E' una scusa per aumentare deliberatamente le tasse e i prezzi.

Crisi economica globale: cause ed effetti

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« Risposta #22740 il: 22 Febbraio 2014, 17:19:06 pm »
Moody's promuove la Spagna: rating rivisto al rialzo e outlook positivo






Moody's promuove la Spagna. L'agenzia internazionale alza il rating sui bond del governo spagnolo di un gradino a 'Baa2' da 'Baa3' con outlook positivo. Una scelta legata al «ribilanciamento dell'economia spagnola verso un modello di crescita più sostenibile, sostenuto da miglioramenti strutturali nella competitività».

Fra i motivi dell'upgrade anche i «progressi nell'attuazione di ampie riforme strutturali, soprattutto sul mercato del lavoro e delle pensioni», le misure di bilancio decise e la ristrutturazione del sistema bancario.

 Le azioni di Madrid per combattere la crisi sostengono le attese di Moody's per una crescita economica «più forte e sostenibile nel medio termine e un miglioramento dei conti pubblici». Moody's osserva come il calo dei costi di finanziamento del governo spagnolo «rifletta l'effetto congiunto delle azioni della Banca Centrale Europea, degli evidenti miglioramenti dell'economia spagnola e dell'attuazione di misure fiscali e strutturali».

L'affidabilità creditizia della Spagna, nonostante questo, resta costretta da un bilancio debole, con un deficit ancora significativo al 7% del pil nel 2013 e un livello di debito alto al 94% del pil lo scorso anno. Un debito che Moody's stima continuerà a crescere raggiungendo il picco del 102% nel 2016. L'economia spagnola, inoltre, continua a fare i conti con un sistema bancario relativamente debole, con una qualità degli asset ancora in deterioramento e la necessità di ridurre l'elevato debito del settore privato.

Il miglioramento dell'outlook spagnolo a positivo è sostenuto dalle «riforme strutturali e dalle modifiche al sistema fiscale e ai programmi di spesa. Queste riforme hanno restituito maggiore fiducia sul fatto che l'economia spagnola possa tornare su una strada di crescita economica sostenuta».

La Spagna aveva mantenuto la tripla A di Moody's fino al 2010 dopodiché la valutazione del debito sovrano del Paese era andata rapidamente peggiorando. A dicembre come primo segnale di miglioramento l'agenzia americana aveva riportato l'outlook spagnolo da negativo a stabile.


http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2014-02-21/moody-s-promuove-spagna-rating-rivisto-rialzo-e-outlook-positivo-232613.shtml?uuid=ABE9UJy


 cap2 cap2 cap2 cap2 cap2 cap2 :testata:



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« Risposta #22741 il: 24 Febbraio 2014, 13:44:52 pm »
DELRIO: DELIRIO PATRIMONIALE E TASSAZIONE SUI BOT!



Giuro che avevo deciso di far finta di niente, di non scrivere neanche una riga su quello che è accaduto sabato al Governo, avevo deciso di parlarVi di quello che sta accadendo in America, delle loro illusioni, dei continui crolli di quello che resta di una ripresa fantasma, di quello che sta preparandosi all’orizzonte, ma dopo il DELIRIO di DELRIO no, francamente non potevo far finta di nulla, anche perchè nel frattempo rischiamo di cadere dalla PADOANella alla brace…

Del mercato immobiliare americano ne parleremo in un prossimo articolo domani.

Anni fa, quanto nessuno sapeva ancor nulla di subprime,  dissi a mio suocero, sfegatato berlusconiano, che la crisi economica avrebbe spazzato via chiunque anche il suo idolo. Oggi sono convinto che spazzerà via anche l’arroganza e la baldanza di un giovane qualunque, perchè si ostina a guardare solo una faccia della medaglia e non l’altra, ovvero l’insostenibilità di questo sistema monetario.

Alla fine Enrico Letta, tra li ultimi primi ministri scelti,  fa un figurone coi fiocchi tra due come Monti e Renzi, i cui governi nascono da congiure internazionali o di partito.

Onore al suo palese disgusto nel passaggio della campanella, leggendo l’ultimo libro di Renzi… pic.twitter.com/JtBm7v85Xm

Certo che due ore e mezza per decidere presentare qualche nominativo era da tanto che non si vedeva, quello che fa sorridere è un Napolitano che esclama : fino al 2018? Non metto la mano sul fuoco, ma lo spero

Noi le mani sul fuoco non ce le mettiamo neanche per gioco visto che il formichiere disse alla formica…  Legge elettorale può aspettare, Renzi d’accordo.

No, vero non ci è bastato Nerone che mentre l’Italia bruciava dichiarava a mezzo mondo che la speculazione sui nostri titoli di Stato era una moda passeggera, Berlusconi al G20: controllate pure i nostri conti,  no adesso ne abbiamo un altro che per sfogare il nulla deve andare dalla Annunziata e in mezzora riuscire a dire un’immensa fesseria…

«Se una signora anziana ha messo da parte 100mila euro in Bot non credo che se gli togli 25 o 30 euro ne avrà problemi di salute. Vediamo…». IL SOTTOSEGRETARIO: «tassare Bot? A chi ha 100mila euro posso toglierne 30 »

Fantastico no, altro che problemi di salute, la vecchietta è l’Italia e con le dichiarazioni di Delrio è come investirla sulle strisce pedonali.

Non è che queste idee siano nate in estate sotto una …Serra offshore, mentre si seminavano grisantemi per il prossimo funerale italiano. Si scherza naturalmente, in fondo non ci resta che l’ironia. Fortunatamente pronta è arrivata la smentita dall’ufficio stampa di Palazzo Chigi…” Non ci sarà alcuna tassazione…dell’aria”… Non è prevista né ci sarà alcuna nuova tassa, precisa l’ufficio stampa di Palazzo Chigi che aggiunge: «L’orizzonte del governo è quello di una riduzione della pressione fiscale attraverso una rimodulazione delle rendite finanziarie e delle tasse sul lavoro».

«Se una signora anziana ha messo da parte 100mila euro in Bot non credo che se gli togli 25 o 30 euro ne avrà problemi di salute. Vediamo…»

Vediamo cosa Delrio, vuole che le faccia due calcoli.

Premesso che ora chi compra BOT a questi livelli di rendimento è solo un disperato o un fondo pensione tedesco, proviamo a comprare i famosi 100.000 euro di BOT ad un anno di Delrio dando un’occhiata al risultato dell’ultima asta BOT 12 Mesi

Risultato lordo 0,676 % toglieteci la ritenuta e le commissioni vi resta a mala pena uno 0,3 % arrotondando ovvero 300 euro! Quindi su quel che vi resta Delrio vorrebbe togliere un ulteriore 10 % i famosi 30 euro.

Naturalmente Delrio fa finta di dimenticare che su l’importo investito c’è già la leggendaria mini patrimoniale del mitico Monti, soprannominata 2 per mille per gli amici, 200 eurucci in più da togliere.Qualche bollo qua e la sui conti correnti e sui depositi titoli, commissioni di gestione della polizza titoli e via dicendo. Se volete farvi un pò di cultura date un’occhiata QUI

Fate un pò Voi i conti di quanto vi resta. si e no 70 euro dai quali toglierci tutto il resto. Volete che ripeta l’esperimento con un BTP a 5 anni che costa 111?

E lasciamo perdere per carità di patria l’inflazione media del 1,2 % del 2013, quella attesa per il 2014 che si aggira sullo 0,2 %  e non vi dico quella del 2015…se no Draghi si agita, con il fantasma della deflazione.

Il prossimo appuntamento è con una nuova emissioni di BTP ITALIA legato ovviamente all’inflazione tanto per cambiare, da rifilare a qualche vecchietta che tanto su 100.000 può anche fare a meno di 30 euro, ussignur, ci sarà da ridere.

Chissà di che parlava Delrio, quattro chiacchere al bar di Lucia Annunziata la quale guarda caso è anche nel comitato di indirizzo della fondazione Italiani Europei Le persone – Italiani Europei alla cui presidenza siede un tal Massimo D’Alema e nella quale la direzione per molti anni è stata in mano ad un certo Pier Carlo Padoan, per caso nuovo ministro dell’economia.

Ma a breve ci occuperemo anche del nuovo ministro dopo che il guardiani dell’euro ci hanno comunicato con gioia che… Rehn: “Padoan sa cosa deve fare”  subito ripetuto da un altro guardiano nostrano dal quale Renzi è andato in visita di cortesia…

Ora se ne sono scritte di tutti i colori su Padoan in questi due giorni, io mi limito ad osservare che gli economisti hanno tutti la sfera di cristallo lesionata…la crisi ha dimostrato che era meglio lanciare una monetina che fare affidamento sulle loro previsioni…

Era il 2 aprile 2010, si 2010… Crisi. Ripresa cominciata secondo OCSE. Padoan

PARIGI. “Oggi possiamo diffondere un messaggio moderatamente ottimista”: parla di “segni incoraggianti” e “ripresa che comincia a partire” il capo economista dell’Ocse Pier Carlo Padoan nel presentare le ultime stime sulla dinamica del prodotto interno lordo nelle sette principali economie del mondo, sottolineando però che il ritorno alla crescita non procede “ovunque alla stessa velocità”, ma è più rapido negli Stati Uniti che nelle tre principali economie dell’area euro (Italia, Francia e Germania).

Due mesi dopo scoppiava l’incendio GRECIA!

Giuro non lo faccio apposta ma mi viene semplice, ci pensa Google…

PADOAN (OCSE), 2012 PUO’ ESSERE ANNO RIPRESA PER ITALIA

Si il 2012… (AGI) Roma – Il 2012 sara’ per l’Italia “un anno in recessione, purtroppo. Ma potrebbe anche essere, anzi ne sono convinto, l’anno della ripresa definitiva”. Lo dichiara Pier Paolo Padoan,

Si ne siamo tutti convinti…

2 aprile 2013 Padoan: Italia pronta a ripartire – Class CNBC – Milano Finanza
Giusto per dovere di cronaca visto che sono uscite le trascrizioni di pensieri di alcuni membri della Federal Reserve, durante la grande crisi, nell’agosto del 2008 neanche un mese prima del fallimento della Lehmana Brothers il genio di St.Louis, Bullard, si quello che oggi pronostica una crescita intorno al 4 % dell’economia americana, ha detto…

” La mia sensazione è che il livello di rischio sistemico associato alle turbolenze finanziarie è sceso drasticamente. Per questo motivo, penso che il FOMC dovrebbe cominciare a de-enfatizzare le preoccupazioni di rischio sistemico.”  Sic!

Va be lasciamo perdere, in fondo ora ci pensa Renzi che ha telefonato ieri alla Merkel per ridiscutere il limite del 3 % sul deficit…

Padoan negli incarichi internazionali – ma anche nelle sue lezioni alla Sapienza – è sempre stato considerato un cultore rispettoso delle politiche di rigore e dei vincoli europei. E’ questo che l’ha portato, ancora nell’aprile di quest’anni, nel mirino di Paul Krugman, forse il più conosciuto dei critici dell’euro, dell’austerity e del vincolo del 3 per cento, che Krugman ormai non esita a definire “assurdo dal punto di vista economico”.
Ad aprile Krugman scriveva sul New York Times che quattro anni fa l’Ocse diede due suggerimenti alle autorità economiche degli Stati Uniti: abbracciare la politica di austerità europea e – dice Krugman, “addirittura” – alzare i tassi di interesse per fronteggiare il rischio di inflazione. Ecco chi è il ministro dell’Economia

Questa sull’inflazione non la sapevo, suggerire di alzare i tassi in America per fronteggiare il rischio inflazione? Ma Padoan dove ha studiato alla Sapienza o alla Bocconi?

Il sottoscritto unico giapponese in questo Paese che vi ragguaglia quotidianamente da ormai sei anni sul rischio di una “debt deflation” non può che sorridere.

Chissà cosa intendeva Krugman quando diceva che … Sometimes economists in official positions give bad advice; sometimes they give very, very bad advice; and sometimes they work at the OECD.  The Beatings Must Continue – NYTimes.com

«Talvolta gli economisti che ricoprono incarichi ufficiali danno cattivi consigli; talvolta danno consigli ancor peggiori; altre volte ancora lavorano all’Ocse».

In un’intervista al Wall Street Journal Padoan spiegò che “i tanti sacrifici” (usò l’espressione “the pain is producing results”) erano a un passo dal produrre il “consolidamento fiscale” cercato per l’economia europea, e sarebbe stato un peccato “sprecarli” abbandonando le politiche di rigore, di tagli del deficit e di controllo severo dei bilanci pubblici. La conclusione – che faceva inorridire Krugman – era “the beatings must continue”. La battaglia per il rigore deve continuare.

Dall’altra parte c’è chi invece ricorda un Padoan di qualche anno fa che, al Corriere, non escludeva ipotesi vicine a una forma di patrimoniale (traduzione: non proprio allentare il rigore, semmai farlo pesare di più sulla finanza e meno su impresa e lavoro). Diceva Padoan nel 2004, da capoeconomista Ocse, quali erano gli scenari su cui ragionavano molti economisti di un celebre incontro parigino: “Abbiamo cercato di dimostrare, con una analisi empirica, il rapporto tra la struttura della tassazione e la crescita, nel senso che ci sono tasse più dannose allo sviluppo (sulle imprese e sul lavoro) e altre meno dannose, come quelle sui consumi e sui patrimoni”.
Ecco forse il punto (o un altro dei due punti). Il ministro dell’Economia sarà il noto dalemiano? O il teorico del rigore attaccato da Krugman? O ancora l’economista che non disdegnava – in tempi non sospetti – di tassare di più rendite e finanza e meno l’economia reale, in pieno spirito-Jobs Act di Matteo Renzi? Lo scopriremo solo vivendo. Ecco chi è il ministro dell’Economia

Addirittura mister Patrimoniale lo chiamano ecco perchè Delrio se ne è uscito con una barzelletta delle sue per nascondere il rischio patrimoniale.

Comunque sia sino a quando gli utili idioti che hanno fatto un patto con Renzi resteranno al Governo nessuna patrimoniale è possibile a meno che ad Alfano non piaciano le pratiche sadomaso.

Ma torniamo a Padoan … «aggiustamenti salariali e tagli del cuneo fiscale, da compensare con cambiamenti della composizione delle imposte in direzione della tassazione sui consumi»

Spettacolare aggiustamenti salariali ovvero al ribasso e tassazione sui consumi, una leggenda vivente!

Ovviamente mentre Monti si prodigava con successo nella distruzione della domanda interna, in onore alle ideologie dell’austerità espansiva progettata in qualche notte degli alesini volanti, Padoan pensava bene di compensare in direzione di una rimodulazione dell’IVA magari arrotondandola al 25 % tanto l’inflazione mica se la prende visto che si è innamorata della deflazione.

Ovviamente non poteva mancare l’astro nascente della politica italiana Passera  lancia il suo movimento politico: «Partire dalle cose vere, i soldi alle famiglie»

I soldi alle famiglie o i soldi dalle famiglie? Adesso non iniziate con la Vostra solita ironia, prima sistemano la famiglia Zaleski, come hanno fatto in tanti anni e poi piano piano arriva anche da Voi.

Ma chi c’era ad ascoltare una passera che non fa primavera? Di tutto secondo Formiche.net Centristi, liberali, moderati. Giovani accademici, assistenti parlamentari, esperti, lobbisti, startuppari.


Nel frattempo sembra che “I big della finanza scommettono sul calo di Piazza Affari e di Wall Street” LaStampa

Non c’è fretta con calma e per piacere, prima proveranno a fare salire tutto ancora un pò, intanto ringraziamo il nuovo che avanza, Delrio…puro delirio!





http://icebergfinanza.finanza.com/2014/02/24/delrio-delirio-patrimoniale-e-tassazione-sui-bot/

Offline GeoMath

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« Risposta #22742 il: 24 Febbraio 2014, 19:49:48 pm »
Mi chiedo, se l'UE ( o meglio le sua elitè) è così "potente", come mai questi personaggi parlano ancora liberamente? :uhm: :uhm: :uhm:

Scusate, ma qua per me qualcosa puzza...
Invece di porti queste domande, ascoltali questi personaggi che magari ti sarà utile...
la verità è un arma, può essere usata sia per il bene sia per il male, chi mi dice che la verità in questo caso sia veramente  un bene? :grin: :grin: :grin: :grin:
... mi sa che cogli nel segno... dubito ergo sum


tenuto conto che anche la mezza verità per incapacità o troppa capacità, ed il raggiro più o meno raffinato sono armi

Offline GeoMath

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« Risposta #22743 il: 24 Febbraio 2014, 19:57:34 pm »
Ogni verità parziale è verità, magari piccola, inconsistente, relativa, e dire relativa di una verità è quasi un ossimoro e certo non piace ai cultori dell'ortodossia, qualsiasi essa sia, religiosa, ideologica, scientifica.
L'inquisizione e i suoi eredi laici, insieme a quelli ancora in gamba che la fanno alla vecchia maniera, non si stancano mai di dare in pasto un "fogno", come magistralmente definito da logic, al pubblico per poi indicare l'untore di turno che vuole distruggere il sogno.
E una volta indicato, non occorrerà nemmeno muovere un dito, la folla dei porci con e senza ali si scaglierà contro il malcapitato "fiocco di neve" che posandosi lieve aveva indicato la sola vera "via d'uscita" dalla stalla, che sarebbe meglio chiamare prigione.
E così facendo ucciderà l'unica luce in fondo al tunnel alla cui estremità non c'è una nuda e crudissima tavola di legno.
Evadere è male.
Certo, specie se si usufruisce di tutti i servizi che lo stato ci offre e che, bene o male, non possiamo del tutto dimenticarlo nel loro insieme, non si può non notare che essi hanno raddoppiato a dir poco la speranza di vita nelle nostre contrade e certo reso la vita meno dura di quella che ha dovuto patire la famiglia Soubirous e tante altre famiglie francesi e non come lei.
Ma questa è la storia del passato.
Ora guardiamo la storia del presente.
E la storia del presente ahimé è densa di incognite.
Non do torto a nessuno di voi.
A me piacerebbe pagare le tasse in un paese che le restituisce ai suoi cittadini attraverso servizi, ma anche se non lo facesse, io farei comunque la mia parte nel pagarle, riservandomi di cercare una soluzione ad altre distorsioni che purtroppo in questo momento mi preoccupano parecchio.
Sono però altresì convinto, e ahimé il relativismo ormai impazza in me, che è davvero disdicevole che interi sistemi produttivi, se non il sistema stesso inteso come tutto, sia di fronte all'alternativa di pagare l'ultimo centesimo e poi chiudere, ammesso che l'ultimo centesimo pagato sia davvero l'ultimo e dietro quel centesimo non si scoprano pagine e pagine di cavilli, vessazioni e imposizioni che portino il centesimo a sforare la quota di parecchie migliaia di euro, fino ad arrivare un'imposizione fiscale superiore al fatturato, anzi addirittura alle previsioni aumentate del 25% del fatturato dell'anno successivo al pagamento.
Se questo modo di imporre un pagamento lo chiamiamo tassa, allora io dico che Robin Hood è morto invano. E tra l'altro com'è noto è morto assassinato dal sistema fiscale del tempo, attraverso una infermiera compiacente che gli praticà l'ultimo "salasso" tagliandogli le vene dei polsi.
Trauma inestinguibile che mi porto dietro fin dall'infanzia e che mi impedisce di vedere qualsiasi film su Robin Hood.
O Marion, mia piccola Marion, ennesima donna ideale delle letture della mia infanzia.
Se l'industria e il sistema produttivo del paese non sopravvivono parlare di legalità è un bel rebus.
Di che legalità stiamo parlando se la gente si uccide perché dopo aver pagato migliaia di euro di tasse se non più non ha nessuna garanzia in caso di fallimento, nemmeno la cassa integrazione o quell'ospedale a cui ha giustamente diritto il lavoratore.
Se un paese è basato sul lavoro, almeno finché regge la carta costituzionale, è forse perché la carta costituzionale stessa non sta reggendo da nessuna parte che ci ritroveremo presto tutti disoccupati?
Ma non dimentichiamo i nostri stravizi.
Un popolo privo del benché minimo senso civico è preda facile di chi il senso civico ce l'ha. Saranno pure "ottusi" i tedeschi e storicamente lo hanno dimostrato spesso, ma una sola guarnigione ben organizzata ne può uccidere milioni "uno alla volta".
L'egoismo essendo una ottusità peggiore della mancanza di creatività e di fantasia, ammesso e non concesso che siamo gli unici detentori di queste due qualità.
Così continuiamo a marciare divisi e "invidiosi" dei successi altrui, spendendo più tempo a cercare di rovinare gli altri, che a costruire qualcosa di buono a casa nostra.
E purtroppo alla radice di questa mentalità c'è una storia variegata e non bene esplorata, di "damnatio memoriae", roghi e inquisizioni, carceri e torture, liste di proscrizione fin dai tempi dei Gracchi, che, naturalmente, furono uccisi, forse anche perchè la loro azione mirava al "bene comune".
Che ne stiamo facendo della "Res Publica"?
Qualcosa di tremendamente ingiusto aleggia come una maledizione su questo paese.
Ma nessun senso civico potrà risolvere questa gravissima situazione se il livello assassino dei privilegi di cui godono i principali risucchiatori del carico fiscale non diminuisce.
Sarebbe il caso tra l'altro di fare presente che questi luogotenenti del debito, pubblicani li avrebbero chiamati un paio di migliaia di anni fa, devono obbedire agli ordini del padrone come un cagnolino in attesa di afferrare l'osso da qualche migliaio di euro di stipendio mensile di cui godono.
E il problema (matematico?) risulta interessante.
Lor signori devono trovare per il loro padrone un tesoretto giornaliero pari a 83 miliardi di euro/365.
Il che forse spiega la mia preoccupazione: in questo tipo di guerra finanziaria, temo non si faranno prigionieri, e dei suicidi importerà sempre meno d'ora in avanti.
Piuttosto si impegneranno a costruire "nuove carceri".
E come al solito mi chiedo con Tolkien, accusato di "escapismo", di voler "evadere" dalla realtà, se non stiamo, dentro di noi, mettendo, e non sempre in buona fede, insieme, il giusto desiderio di fuga del prigioniero politico e l'evasione (fiscale?) dell'assassino.


da ottimo visionario, hai 'visto' la ww3 economica, combattuta da 1 solo esercito e nessun Robin Hood...


e non posso darti torto... se non nel chiederti di mettere sempre più a fuoco tal visione..........

Offline GeoMath

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« Risposta #22744 il: 24 Febbraio 2014, 22:41:00 pm »
http://aurorasito.wordpress.com/2014/02/22/di-chi-ha-paura-obama-in-russia/

Di chi ha paura Obama in Russia?

FEBBRAIO 22, 2014

http://en.fbii.org/analytics/1356.html


Who is Obama afraid of in Russia?



Le delegazioni ufficiali di 60 Paesi, tra cui più di 40 capi di Stato, sono presenti all’apertura delle Olimpiadi di Sochi. Si tratta di un numero maggiore dei Giochi di Londra (2012) e Vancouver (2010). Tuttavia, Barack Obama ha ignorato la festa dello sport internazionale e la sua assenza ha sorpreso tutti per la sua immaturità… Naturalmente, gli scienziati politici hanno le loro spiegazioni.

Il presidente degli USA ha detto che ha scelto di non partecipare alle Olimpiadi invernali di Sochi, in Russia, in parte perché non voleva distrarre dalla gara, ha detto in un’intervista. “Le persone sono realmente interessate a vedere quanto sono incredibili i nostri atleti“, ha detto Obama in un’intervista. I media occidentali implicano l’idea di una versione semi-ufficiale del “boicottaggio”, per il disaccordo della Casa Bianca alla modifica della legge russa “Sulla protezione dei bambini da informazioni dannose per la loro salute e sviluppo.” Ma forse uno dei motivi principali della decisione di Obama è la mancanza di volontà d’incontrare il capo della Repubblica popolare cinese? Per sei mesi Obama ha volutamente evitato gli eventi che coinvolgono Xi. Come molti omologhi stranieri, il presidente degli Stati Uniti ha paura delle domande del leader cinese, perché non ha risposte chiare...

obama-china-debt-holder

Grazie al possesso della Cina dei titoli del debito USA, con piacere riconosciamo il seguente:
Impiegato del mese.

Il pensiero strategico degli Stati Uniti matura a poco a poco, che sempre risponde alle principali tendenze globali per plasmare un nuovo sistema internazionale, richiedendo una politica più flessibile con l’avanzare della Cina. Gli USA vedono la Cina come loro principale concorrente e partner nel nuovo sistema internazionale, ed utilizzando il supporto giapponese per lanciare la  nuova strategia, le relazioni USA-Giappone saranno sempre più instabili. Nel secondo mandato del presidente Obama, nuove caratteristiche appaiono nella strategia globale degli Stati Uniti, il cui nucleo è il riequilibrio strategico verso la regione Asia-Pacifico.

La Cina ha espresso “rammarico” nel dicembre scorso, quando la Corea del Sud estese la sua zona di difesa aerea sovrapponendosi in parte alla zona dichiarata da Pechino due settimane prima, aumentando le tensioni regionali. L’amministrazione Obama annunciava di sostenere le pretese del Giappone sulle contestate isole dell’arcipelago Senkaku/Diaoyu nel Mar Cinese Orientale, inasprendo il braccio di ferro tra Cina e Giappone. Aerei da guerra statunitensi e aerei civili giapponesi hanno violato la zona dello “spazio della difesa aerea” che la Cina ha istituito. La Cina ha avvertito che ha il diritto di agire contro violazioni future. La Cina ha condannato le azioni degli Stati Uniti come “irresponsabili” e vi sono timori di scontri sul contenzioso. Tale scontro non avvantaggia chiaramente nessuno, tuttavia, e mentre le tante spacconate sono normali su tutti i lati, un’escalation potrebbe comportare ulteriori notevoli seccature. Attualmente la Cina è il maggiore creditore dell’economia statunitense. Mentre succedeva, decidendo tra l’altro sul problema dell’occupazione dell’enorme popolazione della Cina, Washington chiuse un occhio anche sulle differenze politiche. Tuttavia, nell’autunno del 2013 era evidente che la Casa Bianca non controlla l’economia statunitense e che il default dello Stato è questione di tempo.

Il debito nazionale degli Stati Uniti è l’importo dovuto dal governo federale degli Stati Uniti. Il 12 dicembre 2013, il debito detenuto dal pubblico era di circa 12312 miliardi dollari o il 73% del PIL Q3 2013 intra-governativo, pari a 4900 miliardi dollari (29%), creando un debito pubblico combinato totale di 17226 miliardi di dollari, superiore al 100% del PIL. Dal gennaio 2013, 5000 miliardi dollari o circa il 47% del debito detenuto dal pubblico erano di proprietà di investitori stranieri, soprattutto Repubblica popolare di Cina e Giappone, per poco più di 1100 miliardi di dollari ciascuno. Quando il debito pubblico è in aumento, il presidente va al Congresso. I negoziati cominciano. L’obiettivo è convincere i due rami del Parlamento ad approvare la legislazione per aumentare il tetto del debito. L’anno scorso, ad ottobre, gli Stati Uniti ancora una volta si avvicinarono al precipizio del default del debito, e ancora una volta il mondo chiese perché nessun Paese, tanto meno la maggiore economia del mondo, mettesse a repentaglio la propria reputazione finanziaria e quindi la capacità di prendere prestiti. Anche se una potenziale crisi finanziaria globale venne evitata all’ultimo minuto, s’è notevolmente sviluppata la serie di avvertimenti dai funzionari cinesi.

Il Primo ministro Li Keqiang ha detto al segretario di Stato John Kerry che era “molto preoccupato” per un possibile default. Yi Gang, vicegovernatore della banca centrale cinese, ha avvertito che gli USA “dovrebbero avere la saggezza di risolvere questo problema al più presto possibile.” Un’opinione di Xinhua, l’agenzia statale, affermava “il mondo confuso deve cominciare a considerare la costruzione di un mondo de-americanizzato”. Queste dichiarazioni, insolitamente schiette, dei cinesi dimostrano che il ripetersi di crisi evitabili minaccia la posizione privilegiata degli Stati Uniti quale emittente della principale valuta di riserva del mondo e di debito privo di rischio.

Xi voleva parlarne personalmente ad Obama al vertice APEC di ottobre. Ma Obama non ci andò con la scusa della discussione sul bilancio. Di conseguenza, il Congresso rinviò la scadenza del tetto del debito al 7 febbraio 2014, il giorno dell’apertura dei Giochi Olimpici. Le riserve cinesi di titoli del Tesoro USA sono aumentate di 12,2 miliardi dollari, con il record di 1317 miliardi di dollari di novembre, secondo i dati diffusi a gennaio sul sito web del dipartimento del Tesoro. L’aumento delle attuali riserve valutarie della Cina avrebbero raggiunto il record mondiale di 3820 miliardi dollari alla fine di dicembre, sostenendo l’appetito del Paese per il debito degli Stati Uniti.

Da un lato, tali ingenti somme di denaro mostrano il potere economico della Cina. Tuttavia, sono anche un onere pesante, dato che il controllo di tali enormi riserve non fornisce una particolare varietà di opzioni. Se i cinesi vendessero globalmente il dollaro ne abbatterebbero il costo minando le proprie riserve valutarie.

Pertanto, Pechino può solo continuare a concedere prestiti all’economia degli Stati Uniti acquistando sempre più titoli di Stato USA con i “loro” dollari. Tutto ciò significa che la Cina e il Tesoro statunitense restano bloccati in un abbraccio da cui è molto difficile per Pechino sottrarsi ora. Stranamente, però, i giornalisti dimenticano cosa accadrebbe se la Cina ne venisse fuori. Anche se lentamente. (“UN percorso di mille miglia inizia con un singolo passo”, ha detto Confucio).

Infatti, sebbene le economie cinesi e statunitensi siano interdipendenti, quella cinese è in una situazione molto migliore. Gli Stati Uniti non hanno scelta: non c’è nulla che sostituisca gli investimenti cinesi. Non c’è nessun altro attore nel mercato globale che possa soddisfare la domanda interna dei consumatori degli Stati Uniti. Non c’è Paese al mondo che possa scambiare i suoi prodotti con i dollari e subito reimmetterli nell’economia statunitense in cambio di altri titoli del Tesoro degli Stati Uniti. Pertanto, non importa se i giornalisti statunitensi si facciano illusioni, il fatto è che gli Stati Uniti sono un tossicodipendente attaccato all’”ago cinese”.

Da tutto ciò, appare chiaro perché Xi Jinping abbia tutte le ragioni per preoccuparsi del prossimo default tecnico degli Stati Uniti, previsto per il 7 febbraio. E’ logico supporre che Obama non vada  a Sochi per paura delle rivendicazioni cinesi. Dopo tutto, con tutti i vantaggi, il primo presidente nero degli Stati Uniti non è un maestro dell’improvvisazione. Tali battibecchi, in presenza di terzi di alto rango, costringerebbero la Casa Bianca ad essere dura, qui e subito. Di conseguenza, una prepotenza potrebbe spingere la Cina ad intraprendere azioni più decise contro il “mondo americanizzato”. In primo luogo, la Cina potrebbe iniziare azioni volte a sbarazzarsi di obbligazioni e dollari statunitensi. Pertanto, il presidente degli Stati Uniti deve limitare significativamente la propria pubblicità estera per evitarlo.

Ciò significa che il problema della probabilità del default degli USA ancora non è risolto, ma rinviato. Prima o poi, Pechino, nonostante il tradizionale conservatorismo, abbandonerà la prassi dei leader delle generazioni precedenti e procederà alla diversificazione graduale delle riserve. La domanda è: quando accadrà. In quel caso, il mercato statunitense non potrà affrontare il caos. L’economia statunitense sarà privata dei prodotti cinesi a basso costo e i cinesi del dollaro a basso costo. I prezzi al consumo e i tassi sui prestiti aumenteranno, e milioni di americani andranno in bancarotta in una notte.

D’altra parte, il dumping del dollaro nei mercati esteri dei cinesi causerà il deprezzamento della valuta statunitense, che colpirà subito le opportunità del Pentagono, mettendo a repentaglio le ambizioni militari e politiche degli Stati Uniti. In particolare, nella regione Asia-Pacifico… dipende sempre più dalla Casa Bianca, quanto velocemente la Cina sgancerà la sua super-arma economica. Nel frattempo, possiamo dire che un fatto storico è accaduto. Pechino non ha più paura di Washington, ma viceversa. Di conseguenza, il ruolo di partner di maggioranza, infine, diventa la Cina nel tandem delle due potenze.

xxx

Cosa può dirmi del mio futuro? Mmmh, vorrei, ma non so leggere il cinese!
« Ultima modifica: 24 Febbraio 2014, 22:43:50 pm da GeoMath »

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« Risposta #22745 il: 25 Febbraio 2014, 03:00:21 am »
http://www.nibiru2012.it/forum/breaking-news/newsdallitalia-e-dal-mondo-133743.msg1069560.html#msg1069560

http://www.libreidee.org/2013/10/susan-george-poteri-occulti-la-terra-e-sotto-scacco/

Susan George: poteri occulti, la Terra è sotto scacco
Scritto il 18/10/13

Susan George

Se avete a cuore il vostro cibo, la vostra salute e la stessa sicurezza finanziaria, la vostra e quella della vostra famiglia, così come le tasse che pagate, lo stato del pianeta e della stessa democrazia, ci sono pessime notizie: un gruppo di golpisti ha preso il potere e ormai domina il pianeta.

Legalmente: perché le nuove leggi che imbrigliano i popoli, i governi e gli Stati se le sono fatte loro, per servire i loro smisurati interessi, piegando le democrazie con l’aiuto di “maggiordomi” travestiti da politici.

La grande novità si chiama: “ascesa di autorità illegittima”.

Parola di Susan George, notissima sociologa franco-statunitense, già impegnata nel movimento no-global e al vertice di associazioni mondiali come Greenpeace.

I governi legali, quelli regolarmente eletti, ormai vengono di fatto «gradualmente soppiantati da un nuovo governo-ombra, in cui enormi imprese transnazionali (Tnc) sono onnipresenti e stanno prendendo decisioni che riguardano tutta la nostra vita quotidiana». L’Europa è già completamente nelle loro mani, tramite i tecnocrati di Bruxelles, i subdoli “inventori” dell’aberrante euro. Ma anche nel resto del mondo la libertà ha le ore contate.

I nuovi oligarchi, spiega la George nell’intervento pronunciato al Festival Internazionale di Ferrara, ottobre 2013, possono agire attraverso le lobby o “comitati di esperti”, attraverso organismi ad hoc che ottengono riconoscimenti ufficiali. Talvolta operano «attraverso accordi negoziati in segreto e preparati con cura da “executive” delle imprese al più alto livello». Sono fortissimi, arrivano ovunque: «Lavorano a livello nazionale, europeo e sovranazionale, ma anche all’interno delle stesse Nazioni Unite, da una dozzina di anni nuovo campo di azione per le attività delle “corporate”».

Attenzione, averte la George: «Non si tratta di una sorta di teoria paranoica della cospirazione: i segni sono tutti intorno a noi, ma per il cittadino medio sono difficili da riconoscere». Questo, in fondo, è il “loro” capolavoro: «Noi continuiamo a credere, almeno in Europa, di vivere in un sistema democratico». Non è così, naturalmente. Le sole lobby ordinarie, rimaste «ai margini dei governi per un paio di secoli», ormai «hanno migliorato le loro tecniche, sono pagate più che mai e ottengono risultati».

Negli Stati Uniti, le lobby devono almeno dichiararsi al Congresso, dire quanto sono pagate e da chi. A Bruxelles, invece, «c’è solo un registro “volontario”, che è una presa in giro, mentre 10-15.000 lobbysti si interfacciano ogni giorno con la Commissione Europea e con gli europarlamentari». Che fanno? «Difendono il cibo-spazzatura, le coltivazioni geneticamente modificate, prodotti nocivi come il tabacco, sostanze chimiche pericolose o farmaci rischiosi». In più, «difendono i maggiori responsabili delle emissioni di gas a effetto serra», oltre naturalmente ai loro clienti più potenti: le grandi banche. Meno conosciuti delle lobby tradizionali, cioè quelle favorevoli a singole multinazionali, sono in forte crescita specie nel comparto industriale le lobby-fantasma, solitamente definite “istituti”, “fondazioni” o “consigli”, spesso con sede a Washington. Sono pericolose e subdole: pagano esperti per influenzare l’opinione pubblica, fino a negare l’evidenza scientifica, per convincere i consumatori del valore dei loro prodotti-spazzatura.

A Bruxelles il loro dominio è totale: decine di “comitati di esperti” preparano regolamenti dettagliati in ogni possibile settore. «Dalla metà degli anni ’90 – accusa Susan George – le più grandi compagnie americane dei settori bancario, pensionistico, assicurativo e di revisione contabile hanno unito le forze e, impiegando tremila persone, hanno speso 5 miliardi dollari per sbarazzarsi di tutte le leggi del New Deal, approvate sotto l’amministrazione Roosevelt negli anni ’30», tutte leggi «che avevano protetto l’economia americana per sessant’anni». Un contagio: «Attraverso questa azione collettiva di lobbying, hanno guadagnato totale libertà per trasferire attività in perdita dai loro bilanci, verso istituti-ombra, non controllati». Queste compagnie hanno potuto immettere sul mercato e scambiare centinaia di miliardi di dollari di titoli tossici “derivati”, come i pacchetti di mutui subprime, senza alcuna regolamentazione. «Poco è stato fatto dopo la caduta di Lehman Brothers per regolamentare nuovamente la finanza. E nel frattempo, il commercio dei derivati ha raggiunto la cifra di 2 trilioni e 300 miliardi di dollari al giorno, un terzo in più di sei anni fa».

Quello illustrato da Susan George, nell’intervento tenuto a Ferrara e ripreso da “Come Don Chisciotte”, è un viaggio nell’occulto. «Ci sono organismi come l’International Accounting Standards Board, sicuramente sconosciuto al 99% della popolazione europea». E’ una struttura di importanza decisiva, di cui non parla mai nessuno. Nacque con l’allargamento a Est dell’Unione Europea, per affrontare «l’incubo di 27 diversi mercati azionari, con diversi insiemi di regole e norme contabili». Ed ecco, prontamente, l’arrivo dei soliti super-consulenti, provenienti dalle quattro maggiori società mondiali di revisione contabile. In pochi anni, il gruppo «è stato silenziosamente trasformato in un organismo ufficiale, lo Iasb». E’ ancora formato dagli esperti delle quattro grandi società, ma adesso sta elaborando regolamenti per 66 paesi membri, tra cui l’intera Europa.

Attenzione: «Lo Iasb è diventato “ufficiale” grazie agli sforzi di un commissario Ue, il neoliberista irlandese Charlie MacCreevy». Commissario dell’Ue, cioè: “ministro” europeo, non-eletto da nessuno. E per di più, egli stesso esperto contabile. Naturalmente, ha potuto agire sotto la protezione di Bruxelles, cioè «senza alcun controllo parlamentare». L’alibi? Il solito: la Iasb è stato presentata come un’agenzia «puramente tecnica». La sua vera missione? Organizzare, legalmente, l’evasione fiscale dei miliardari.

«Fino a quando non potremo chiedere alle imprese di adottare bilanci dettagliati paese per paese, queste continueranno a pagare – abbastanza legalmente – pochissime tasse nella maggior parte dei paesi in cui hanno attività». Le aziende, aggiunge la sociologa, possono collocare i loro profitti in paesi con bassa o nessuna tassazione, e le loro perdite in quelli ad alta fiscalità. Per tassare in maniera efficace, le autorità fiscali hanno bisogno di sapere quali vendite, profitti e imposte sono effettivamente di competenza di ciascuna giurisdizione. «Oggi questo non è possibile, perché le regole sono fatte su misura per evitare la trasparenza». E quindi: «Le piccole imprese nazionali o famigliari, con un indirizzo nazionale fisso, continueranno a sopportare la maggior parte del carico fiscale». Susan George ha contattato direttamente lo Iasb per chiedere se una rendicontazione dettagliata, paese per paese, fosse nella loro agenda. Risposta: no, ovviamente. «Non c’è di che stupirsi. Le quattro grandi agenzie i cui amici e colleghi fanno le regole, perderebbero milioni di fatturato, se non potessero più consigliare i loro clienti sul modo migliore per evitare la tassazione».

L’altro colossale iceberg che ci sta venendo addosso, dal luglio 2013, si chiama Ttip, cioè Transatlantic Trade and Investment Partnership. In italiano: protocollo euro-atlantico su commercio e investimenti. «Questi accordi definiranno le norme che regolamenteranno la metà del Pil mondiale – gli Stati Uniti e l’Europa». Notizia: le nuove regole di cooperazione euro-atlantica «sono in preparazione dal 1995», da quando cioè «le più grandi multinazionali da entrambi i lati dell’oceano si sono riunite nel Trans-Atlantic Business Dialogue», la maggiore lobby dell’Occidente, impegnata a «lavorare su tutti gli aspetti delle pratiche regolamentari, settore per settore». Il commercio transatlantico ammonta a circa 1.500 miliardi di dollari all’anno. Dov’è il trucco? In apparenza, si negozierà sulle tariffe: ma è un aspetto irrilevante, perché pesano appena il 3%. Il vero obiettivo: «Privatizzare il maggior numero possibile di servizi pubblici ed eliminare le barriere non tariffarie, come per esempio i regolamenti e ciò che le multinazionali chiamano “ostacoli commerciali”». Al centro di tutti i trattati commerciali e di investimento, c’è «la clausola che consente alle aziende di citare in giudizio i governi sovrani, se la società ritiene che un provvedimento del governo danneggi il suo presente, o anche i suoi profitti “attesi”». Governi sotto ricatto: comandano loro, i Masters of Universe.

Il Trans-Atlantic Business Dialogue, la super-lobby che ha incubato il trattato euro-atlantico, ora ha cambiato nome: si chiama Consiglio Economico Transatlantico. E non si nasconde neppure più. Ammette qual è la sua missione: abbattere le regole e piegare il potere pubblico, a beneficio delle multinazionali. Si definisce apertamente «un organo politico», e il suo direttore afferma con orgoglio che è la prima volta che «il settore privato ha ottenuto un ruolo ufficiale nella determinazione della politica pubblica Ue-Usa».

Questo trattato, se approvato secondo le intenzioni delle Tnc, includerà modifiche decisive sui regolamenti che proteggono i consumatori in ogni settore: sicurezza alimentare, prodotti farmaceutici e chimici. Altro obiettivo, la “stabilità finanziaria”. Tradotto: la libertà per gli investitori di trasferire i loro capitali senza preavviso. «I governi – aggiunge la George – non potranno più privilegiare operatori nazionali in rapporto a quelli stranieri per i contratti di appalto», e il processo negoziale «si terrà a porte chiuse, senza il controllo dei cittadini».

E come se non bastasse l’infiltrazione nel potere esecutivo, in quello legislativo e persino nel potere giudiziario, le multinazionali ora puntano direttamente anche alle Nazioni Unite. Già nel 2012, alla conferenza Rio + 20 sull’ambiente, i super-padroni formavano la più grande delegazione, capace di allestire un evento spettacolare come il “Business Day”. «Siamo la più grande delegazione d’affari che mai abbia partecipato a una conferenza delle Nazioni Unite», disse il rappresentante permanente della Camera di Commercio Internazionale presso l’Onu. Parole chiarissime: «Le imprese hanno bisogno di prendere la guida e noi lo stiamo facendo».

Oggi, conclude Susan George, le multinazionali arrivano a chiedere un ruolo formale nei negoziati mondiali sul clima. «Non sono solo le dimensioni, gli enormi profitti e i patrimoni che rendono le Tnc pericolose per le democrazie. È anche la loro concentrazione, la loro capacità di influenzare (spesso dall’interno) i governi e la loro abilità a operare come una vera e propria classe sociale che difende i propri interessi economici, anche contro il bene comune». E’ un super-clan, coi suoi tentacoli e i suoi boss: «Condividono linguaggi, ideologie e obiettivi che riguardano ciascuno di noi». Meglio che i cittadini lo sappiano. E i politici che dovrebbero tutelarli? Non pervenuti, ovviamente.

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« Ultima modifica: 25 Febbraio 2014, 03:05:11 am da GeoMath »

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« Risposta #22746 il: 25 Febbraio 2014, 04:14:46 am »
http://www.notiziaultima.com/politica/benetazzo-scordiamoci-l-italia-sta-per-essere-cancellata/2013/11/27


[/color] Benetazzo: scordiamoci l’Italia, sta per essere cancellata[/url]


Scordatevi questa Italia: sarà cancellata. Finito nella tagliola dell’euro che priva lo Stato della capacità di finanziarsi a costo zero, il governo di turno è “costretto” a super-tassare famiglie e aziende. E non potendo più far ricorso alla banca centrale per controllare il debito, ricorre alla svendita dei gioielli di famiglia: Sace, Enav, Fincantieri, Grandi Stazioni e per finire anche l’Eni.


Enrico Letta si appresta a svendere per battere cassa, nella speranza di racimolare almeno 10 miliardi? «Ormai ci siamo: a farla grande, si tratta di aspettare ancora 18 mesi».


http://cornotte.blogspot.it/2013/11/destinazione-italia.html[/size]Destinazione Italia, grande svendita del nostro paese“Aprire l’Italia ai capitali e ai talenti del mondo”, così si apre la pagina destinazioneitalia.gov.it dedicata alla “consultazione popolare” che chiede ai cittadini di integrare le 50 misure del Piano Destinazione Italia, approvato dal governo Letta il 13 settembre scorso e presentato, ancor prima che al Parlamento e alle parti sociali, al gotha finanziario di Wall Street. Se non fosse che le misure indicate nel piano comporteranno nuove pesanti ricadute sociali per la popolazione italiana, il documento potrebbe essere definito esilarante.


Come quando (misura 49) si dice: «Gli italiani che lavorano, insegnano e studiano all’estero sono i primi ‘Ambasciatori dell’Italia nel mondo’ e possono contribuire a raccontare l’Italia in modo nuovo». Mentre rimaniamo in spasmodica attesa di questi straordinari racconti, accontentiamoci per ora di sapere che, per gli studenti e i ricercatori italiani all’estero (cervelli in fuga da un paese impossibile), verrà attivato il programma di sensibilizzazione “V.I.P – Volunteer for Italy’s Promotion” per propagandare oltre frontiera il brand Italia.


Ma aldilà dell’umorismo, il Piano Destinazione Italia è un documento “strategico” con l’obiettivo, attraverso una serie di riforme, di rendere il paese un luogo attraente per i grandi investimenti finanziari dall’estero. Attraverso quali misure? Il Piano Destinazione Italia prevede alcuni provvedimenti “quadro”, dai quali si comprende subito dove si voglia andare a parare: la svendita dei diritti e dei beni comuni.


Infatti, si prevedono, per investimenti oltre una certa soglia, accordi fiscali particolari (misura 1), la radicale modifica della conferenza dei servizi sulle grandi opere (misura 2), accordi specifici in materia di condizioni di lavoro, come quello già approvato per Expo 2015 (misura 4), completa liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica e del gas (misura 12). Conseguentemente a questi passaggi, l’Italia, a quel punto irresistibilmente sexy, può mettere in vendita le sue grazie.


La seconda parte del piano si intitola infatti “Un Paese che valorizza i propri asset” e prevede: un piano di privatizzazioni di società direttamente o indirettamente controllate dallo Stato e un piano di privatizzazione e accorpamento in grandi multiutility dei servizi pubblici locali (misura 17); un piano di rivitalizzazione del mercato borsistico attraverso il collocamento delle piccole e medie imprese (misura 19); l’affidamento a privati della gestione dei beni culturali (misura 23); la dismissione dei beni demaniali (misura 24); la totale liberalizzazione del mercato immobiliare (misure 25-29); la consegna della formazione e della ricerca universitaria agli investimenti delle imprese (misure 30-32); il rilancio delle grandi opere infrastrutturali, i cui relativi investimenti verranno esclusi dai vincoli del Patto di Stabilità (misura 36); l’abrogazione (misura 40) dei procedimenti di Via (Valutazione di Impatto Ambientale), Vas (Valutazione Ambientale Strategica) e Aia (Autorizzazione Integrata Ambientale); la valorizzazione della green economy, attraverso lo sviluppo dei biocarburanti e della chimica verde, la termovalorizzazione dei rifiuti e la modernizzazione (leggi privatizzazione) del servizio idrico (misura 43).


Siamo di fronte ad un vero e proprio piano di svendita del paese, attraverso la drastica riduzione dei diritti sociali e del lavoro, la consegna dei beni comuni ai mercati finanziari, la privatizzazione di ogni funzione pubblica e la prostituzione dell’intelligenza collettiva. Il tutto per rispondere ai diktat monetaristi di un’Europa in mano ai grandi interessi finanziari, che, attraverso le catene imposte col Trattato di Maastricht e con lo shock, creato ad arte, del debito pubblico, ha deciso, tra i profitti in Borsa delle grandi multinazionali e la vita delle persone, di scegliere senza ombra di dubbio, i primi. In pratica, e all’unico scopo di perpetuare il capitalismo finanziarizzato, si è deciso di dichiarare una vera e propria guerra alla società, basata sulla trappola del debito pubblico e sul mantra “i soldi non ci sono”, da contrapporre ad ogni rivendicazione sociale.


Tanto più contro[/b] un paese che, solo due anni fa, ha osato, con la straordinaria vittoria referendaria sull’acqua, mettere in discussione il pensiero unico del mercato e l’ideologia del “privato è bello”, affermando a maggioranza assoluta la volontà di riappropriazione sociale dell’acqua, dei beni comuni e della democrazia.


A quel paese va detto ora e a chiare lettere che, se anche fosse vero che “privato” non è bello, privato è in ogni caso obbligatorio e ineluttabile. È in questo quadro che avanza a livello istituzionale il tentativo di mettere mano alla Costituzione, permettendone, come recentemente affermato dalla banca d’affari Jp Morgan, la sua “modernizzazione”, attraverso la progressiva espunzione di tutti i richiami alla cultura antifascista, socialista ed egualitaria, di cui sarebbe ancora intrisa. D’altronde, come conciliare le politiche di feroce austerità, di spoliazione dei diritti, di privatizzazione dei beni comuni con il mantenimento di una Costituzione che quei diritti afferma, per quanto nel tempo ripetutamente violati? Serve una democrazia “austeritaria”, ovvero che usi l’autoritarismo per imporre le politiche di austerità e che risponda all’autolegittimazione del potere, quando quest’ultimo non possa più basarsi sul consenso.



Oltre venti anni fa, il 2 giugno 1992, festa della Repubblica, lo yacht reale Britannia incrociava al largo dell’Argentario, con a bordo non principi e regine, né valletti o dame di compagnia, ma banchieri d’affari inglesi, banchieri italiani, boiardi e grand commis di Stato. L’evento venne organizzato da una società allora chiamata “British Invisibles”, una sorta di Confindustria delle imprese finanziarie che oggi raggruppa 150 aziende del settore sotto il nome di International Financial Services. Fra gli italiani che salirono a bordo del panfilo vi furono Beniamino Andreatta, dirigente dell’Eni e futuro ministro, Riccardo Galli, dirigente dell’Iri, Giulio Tremonti, allora ancora in veste di avvocato fiscalista, e soprattutto Mario Draghi, chiamato da Guido Carli alla Direzione Generale del Tesoro all’inizio del 1991, che si presentò come punto di riferimento italiano per la finanza internazionale. E così, tra un’orchestrina della Royal Navy e un lancio di paracadutisti, che scesero come stelle filanti intorno al panfilo di Sua Maestà, prese il via la stagione delle privatizzazioni italiane.


Oggi, senza bisogno di salire a bordo di un fastoso quanto pittoresco panfilo reale, bensì occupando le grigie stanze di un governo di “larghe intese e zero consenso”, il premier Enrico Letta ci ripropone lo stesso scenario e un nuovo mastodontico processo di dismissione del paese. Dobbiamo impedirlo.


(Marco Bersani, “Destinazione Italia: >povertà”, intervento pubblicato dal sito di “Attac” e ripreso da “Megachip” il 25 novembre 2013).


http://www.libreidee.org/2013/11/benetazzo-scordiamoci-litalia-sta-per-essere-cancellata/


[/size]Benetazzo: scordiamoci l’Italia, sta per essere cancellata[/b]


Scordatevi questa Italia: sarà cancellata. Finito nella tagliola dell’euro che priva lo Stato della capacità di finanziarsi a costo zero, il governo di turno è “costretto” a super-tassare famiglie e aziende. E non potendo più far ricorso alla banca centrale per controllare il debito, ricorre alla svendita dei gioielli di famiglia: Sace, Enav, Fincantieri, Grandi Stazioni e per finire anche l’Eni. Enrico Letta si appresta a svendere per battere cassa, nella speranza di racimolare almeno 10 miliardi? «Ormai ci siamo: a farla grande, si tratta di aspettare ancora 18 mesi». Dopodiché, secondo Eugenio Benetazzo, «il destino di contribuenti, pensionati e risparmiatori italiani sarà presto delineato». E stavolta «non ci saranno mezze misure», perché «il declino del paese si trasformerà nella dipartita della nazione»[/b]. Chi spera nell’avvento del “Regno di Renzi” si illude: anche il sindaco di Firenze pensa a una colossale dismissione del patrimonio pubblico. Eseguendo, alla lettera, il famoso diktat della Bce che detronizzò Berlusconi a fine 2011, aprendo la strada al governo Napolitano-Monti.



La svendita del paese, ricorda Benetazzo sul suo blog, è una ingloriosa esclusiva del centrosinistra: prima Amato, poi D’Alema e quindi Prodi. «Si vende l’argenteria, per pagare i debiti contratti per giocare alle slot machine». Ormai ci siamo: senza un Piano-B, si salvi chi può. «Non ci saranno scialuppe per tutti, molti faranno la fine di tante povere pecore: scannati vivi». E non serviranno a nulla «il pianto in diretta presso il talk show di turno, l’appello di qualche autorità rinsavita o le esternazioni prosaiche formulate dagli ambienti cattolici». Non si scappa: la strada è segnata da quella maledetta lettera firmata da Draghi e Trichet, col pretesto di «mettere il paese in sicurezza economica e finanziaria», dopo l’esplosione dello spread gonfiato dallo stesso super-potere finanziario con l’obiettivo di mettere in crisi l’Italia per poi sbranarla comodamente, a prezzi di saldo, con la complicità del personale politico nazionale. Le chiamano “riforme strutturali”: quanto accadrà nei prossimi mesi non è altro che l’applicazione di quella lettera. «Andatevela a rileggere e studiare, nei minimi dettagli», scrive Benetazzo. Era tutto scritto: dopo aver messo mano a pensioni e risparmi, sarà “obbligatorio” intervenire su quei gangli vitali che finora nessuno ha avuto il coraggio di modificare.


Quelli della lettera? Potranno sembrare «capisaldi di buon senso, necessari per sgravare il peso della attuale fiscalità diffusa», almeno per provare a rimettere in moto «un paese che tra otto anni sarà scalzato dal Messico e dal Brasile». Chi non ha “visto” subito il pericolo – lo smantellamento del sistema-Italia – tenterà una retromarcia per salvarsi. Ma ormai sarà troppo tardi anche per i «diversamente rinsaviti». Quelli che pagheranno il conto più amaro, continua Benetazzo, saranno proprio quei soggetti che hanno vissuto per decenni «dentro una cupola intoccabile», cioè i dipendenti pubblici e parastatali: «Finalmente capiranno che cosa significa, semanticamente, il termine di “equità sociale” quando calerà la scure del Memorandum of Undestanding affiancato dalle Omt, Outright Monetary Transactions». Sarà la fine del paesaggio socio-economico al quale siamo abituati da sempre. Se qualcuno dei tagli farà piazza pulita di alcune storture, il risultato sarà devastante: terra bruciata, là dove c’era la comunità nazionale italiana[/b].


Succederà a colpi di imposizioni europee, quando non avremo più risorse a cui attingere: aumento della concorrenza nei servizi pubblici (fine delle baronie e dei feudi di famiglia, ma probabilmente tariffe più care) e nuova fiscalità, per rendere le imprese italiane più competitive (fine dell’Irap e diminuzione dell’Ire). Poi: “razionalizzazione” dell’assistenza sanitaria, ovvero «assicurazioni private ove non sussista più l’intervento generico dello stato sociale», con tanti saluti al welfare sanitario universale.


Il mercato del lavoro? Più “dinamico ed efficiente”. Traduzione: «Libertà di licenziamento senza obblighi di reintegro»[/b]. In agenda anche la “liberalizzazione dei servizi professionali”, quindi la fine degli ordini professionali, e la “riforma della contrattazione sindacale”, cioè il ridimensionamento del potere contrattuale di sindacati ormai rassegnati a negoziare solo la perdita dei diritti del lavoro. Altro capitolo, il “miglioramento dell’efficienza amministrativa”, ovvero: «Inserimento di indicatori di performance per i dipendenti pubblici per la valutazione del loro operato». E naturalmente, “snellimento dei centri di responsabilità”. Leggasi: abolizione del Senato e delle Province, e accorpamento dei Comuni, cioè gli ultimi centri istituzionali ancora controllabili dai cittadini mediante l’istituto delle elezioni. A volte la democrazia ha funzionato? Niente paura: laddove rischia di ostacolare il business, verrà semplicemente rimossa.


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« Risposta #22747 il: 27 Febbraio 2014, 08:49:23 am »
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« Risposta #22748 il: 27 Febbraio 2014, 15:34:11 pm »
Qantas in crisi, taglia 5000 posti

La flotta verrà ridotta di 50 aerei. Il Ceo Alan Joyce: "Concorrenza durissima"





SYDNEY - La compagnia di bandiera australiana  Qantas ha annunciato oggi il taglio di 5.000 posti di lavoro, su uno staff totale di circa 30 mila, e la riduzione di 50 aerei  dalla flotta, denunciando una perdita pre-tasse di 252 milioni di dollari australiani (circa 164 milioni di euro) nel secondo trimestre del 2013.

Il Ceo Alan Joyce ha presentato un piano di taglio dei costi di due miliardi di dollari (1,3 miliardi di euro) nei prossimi tre anni, citando la durissima concorrenza sia nelle operazioni internazionali che domestiche.

La Qantas Domestic ha registrato un profitto di 57 milioni di dollari nel secondo semestre 2013, contro i 218 milioni dello stesso periodo dell'anno prima, mentre la perdita della divisione internazionale è salita a 262 milioni dai 91 milioni del secondo semestre 2012. Risultati definiti "inaccettabili", tali da imporre misure "senza precedenti come portata e profondità". Joyce ha citato la 'distorsione' del mercato da parte dell'agguerrita concorrente Virgin Australia, che ha accesso a massicce partecipazioni straniere (Air New Zealand, Singapore Airlines e Etihad, Ndr), che per la Qantas sono limitate per statuto al 49%.

La Qantas cerca ora di convincere il governo che merita sostegno finanziario, almeno a livello di garanzie, e chiede di allentare le regole che limitano le partecipazioni straniere. Una concessione che permetterebbe di trasferire all'estero posti di lavoro e di esternalizzare la manutenzione degli aerei.

Nei mesi scorsi sia Standard and Poor's che Moody's hanno ridotto il rating della Qantas sotto il grado di investimento e con prospettiva negativa. Il sindacato dei servizi Asu, che rappresenta il personale di prima linea e dei servizi ai clienti, sostiene che i dipendenti sono puniti per le cattive decisioni imprenditoriali prese dalla compagnia e promette di "difendere tutti e ciascuno dei posti di lavoro".

27.02.2014 - 07:42


http://www.cdt.ch/mondo/economia/101875/qantas-in-crisi-taglia-5000-posti.html




Tutto il mondo è paese.  cap3

Offline ASTRONACH

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« Risposta #22749 il: 28 Febbraio 2014, 12:56:28 pm »
ROMA …BRUCIA PRENDETE I FORCONI!

Scritto il 28 febbraio 2014 alle 09:08 da icebergfinanza




Prima di incominciare una piccola chicca arrivata fresca fresca da Bruxelles dedicata a tutti coloro che in queste settimane si sono prodigati a rassicurare gli italiani che sai non c’è nulla di male nell’aiutare qualche grande banca qua e la, in fondo lo abbiamo sempre fatto…

Bankitalia, lettera Ue al Tesoro: sospetto aiuto di Stato dietro il decreto

La lettera è partita pochi giorni fa e, visto che l’impatto può essere dirompente, l’ha fatto in punta dei piedi. Ma è difficile che l’atterraggio sia altrettanto morbido: la Commissione Ue vuole capire dal Tesoro se, dietro la rivalutazione delle quote di Bankitalia, non ci siano aiuti di Stato agli istituti. Fosse così, il decreto che rivaluta il capitale di Palazzo Koch andrebbe riscritto. E il premier Matteo Renzi avrebbe la certezza di aver ereditato dal suo predecessore un’eredità politicamente radioattiva. A maggior ragione se Beppe Grillo continuerà a usarla per accusare il governo e le authority di colludere con i grandi banchieri.

Ma proseguiamo, tanto non abbiamo scampo, siamo circondati!

Mentre oggi qualcuno tenterà di salvare Roma con i Vostri soldi, dopo che il sindaco Marino si è sfogato con dispiacere di Renzi...” Io sono veramente arrabbiato e lo sono anche i romani, hanno ragione. Dovrebbero inseguire la politica con i forconi”. “Senza il decreto io da domenica blocco la città. Le persone dovranno attrezzarsi, fortunati i politici del Palazzo che hanno le auto blu, loro potranno continuare a girare, i romani invece non potranno girare fin quando la politica non si sveglierà. “  io mi sono fatto una domandina carina, carina.

Ma se dopo l’Italia, anche Roma e Napoli e chissà quante altre città, oltre alle banche e a migliaia di imprese che sono fallire, dicevo anche Roma e Napoli sono fallite, non è che il leggendario partito dei sindaci, Renzi compreso, in fondo non era altro che un bluff come tanti altri?

Firenze, il Comune bocciato dalla Corte dei Conti – Il Fatto Quotidiano
No perchè sai son tutti bravi a fare i sindaci con le tasche bucate e con questo non voglio generalizzare, anche perchè in Italia ci sono tanti amministratori locali di piccoli paesi e città che hanno amministrato in maniera virtuosa, ma una riflessione era d’obbligo!

E meno male che qualche ignorante di passaggio su questo blog e tra alcuni imprenditori e giornalisti incontrati in giro per l’Italia, sorrideva quando sostenevo che l’unica opzione reale delle quattro possibili come conseguenza della DEBT DEFLATION, deflazione da debiti in corso era il FALLIMENTO DI MASSA!

Fallimento di massa, dove, come, quando? Tralasciamo buona parte di analisti ed economisti, intrisi nel loro ego ideologico, quelli che negherebbero la realtà anche se stessero scannando viva la loro madre di fronte a loro, quelli che continuano a parlare di inflazione anche quando sale dello 0,1 %, ma questa purtroppo è la realtà!

Tecnicamente sono fallite oltre la metà delle banche, sono falliti, Stati ed Enti pubblici, fallite imprese, singoli individui, questa è la realtà e non basta il denaro di una banca centrale a sua volta tecnicamente fallita ( salvo l’onnipotenza…) per nascondere la verità.

Lo ha detto anche nonna Yellen ieri...Prima che l’economia americana torni a livelli normali “serviranno vari anni”, ma di sicuro l’azione della Federal Reserve ha dato un contributo al miglioramento della congiuntura.

No l’azione della Federal Reserve ha, per ora, contribuito ad evitare fallimento dell’intera America, al fallimento di tutte o quasi le sue banche, delle sue industrie automobilistiche, delle sue imprese edili e via dicendo. No non ci vorranno anni ma lustri e decenni, lunghi decenni perduti per recuperare questa orgia di debito, che ha distrutto strutturalmente l’economia reale e continua a distruggerla grazie alla droga della Federal Reserve che alimenta la speculazione, solo quella, non certo le balle di chi sostiene che la liquidità raggiunge l’economia reale.

Non sappiamo ancora se il crollo dei consumi è dovuto al tempo ha detto la Yellen, nessuna prova di una forte ripresa dei consumi dopo il miglioramento delle condizioni atmosferiche hanno aggiunto gli analisti di Bank of America.

Ieri gli psicopatici cocainomani testosteronizzati che amministrano i mercati sono tornati a scomettere sulla fine del tapering, infatti la Yellen … qualora ci fossero significative variazioni dell’outlook la Fed “potrebbe riconsiderare il tapering”, ovvero il ritmo dei tagli.

Oggi vi racconteranno che il PIL dell’ultimo trimestre americano in fondo non era poi tanto bello come in prima lettura ,a chissenefrega tanto fanno il QEinfinity, che lo yuan si sta velocemente svalutando in attesa che Kerry si scandalizzi, il Chicago PMI, la fiducia di quattro gatti e i nuovi compromessi di vendita delle abitazioni, il leggendario Pending Home Sales che ci diede una grossa mano a prevedere prima di chiunque altro la depressione immobiliare americana nel 2007…

Nei giorni scorsi mi è stato fatto notare il crollo dell’indice manifatturiero di Richmond, mi è stato chiesto del perchè non ne ho parlato. Richmond è il due di picche come Dallas e New York, io tengo d’occhio solo Chicago e Philadelphia i due più importanti distretti americani, che sono scesi sensibilmente. il resto è solo contorno, soprattutto se i dati finali del ISM vengono poi manipolati a seconda della convenienza. Non ci sono prove? Tornate a sognare!

E’ il migliore dei mondi possibili, se va male non ci sono problemi perchè tanto basta la liquidità delle banche centrali se invece va bene, si tengono comunque i tassi a zero perchè in fondo non può andare bene per sempre e la Realtà è un’altra.

Il buon Draghi si sforza ogni giorno suggerendo che non c’è deflazione, solo un’inflazione depressa vero, le attese per il 2014 sono dello 0.2%, il limite della BCE è il 2 % tutto bene quindi, aspettiamo di scendere sotto zero intanto loro underwater ci porteranno i tassi.

Questa invece è iperinflazione immagino…  Bce: a gennaio prestiti bancari a settore privato -2,2 PERCENTO . Imprese -2,9 PERCENTO (ASCA) – Roma, 27 feb 2014 – Nel mese di gennaio e’ proseguita la riduzione dei prestiti bancari al settore privato. Su base annuale la flessione e’ pari a -2,2%, in frazionale miglioramento rispetto al dicembre 2013 (-2,3%). Nella media del trimestre novembre 2013-febbraio 2014 la contrazione e’ pari a -2,3%.

No non lo dico a Voi, Voi ormai siete consapevoli, ma il mondo della finanza  è pieno zeppo di ignoranti ed incompetenti, figli del principio di Peter che è uno spasso studiarne le reazioni dal punto di vista della finanza comportamentale.

Sto sorridendo al pensiero di tutti coloro che nei tempi bui, soprattutto investitori istituzionali hanno venduto o evitato di comprare debito pubblico italiano, gli stessi che oggi se lo stanno strappando di mano quotidianamente a rendimenti folli per la congiuntura reale e fondamentale. La festa sta per terminare!!!

Marino suggerisce di prendere i forconi, ma quali forconi, al limite gli italiani, prendono una forchetta o gli stuzzicadenti, loro preferiscono impugnare un telecomando e digerire la pillola rossa del paese delle meraviglie.

Ieri addirittura sono arrivati i sicari dell’economia, si quelli del moltiplicatore fiscale inventato, quelli che hanno seminato morte e distruzione dovunque hanno imposto le loro fallimentari ricette FMI: STRETTAMENTE CONFIDENZIALE! a dichiarare che l’Italia è sulla strada giusta, l’avevano dichiarato su Monti e ancora ribadito su Letta, ieri sono tornati… Fmi promuove Renzi: bene gli annunci, aspettiamo dettagli. Riformare il mercato del lavoro ma soprattutto questo è il pizzino che loro lasciano a Renzi, quello che loro lasciano ovunque vadano …le «riforme del mercato del lavoro sono la chiave di volta, soprattutto la flessibilità nei contratti».

Privatizzazioni, flessibilità, competitività, GROWTH GROWTH, MARKET, MARKET…idioti!



http://icebergfinanza.finanza.com/2014/02/28/roma-brucia-prendete-i-forconi/